RASSEGNA STAMPACOPPE EUROPEE

EDICOLA. Garanzia Dzeko

CORRIERE DELLA SERA (L. Valdiserri) – Una notte giallorossa senza confini. La Roma torna tra le prime otto squadre d’Europa dieci anni dopo la vittoria al Bernabeu contro il Real Madrid (5 marzo 2008) e, a tanti chilometri di distanza dall’Olimpico ma non dal cuore di chi lo ha amato, Vincenzo Montella guida il Siviglia a sbancare Old Trafford ed eliminare il Manchester United. Fino al sorteggio di venerdì Monchi può essere l’uomo più felice del mondo. Poi decideranno i bussolotti se sarà lo scontro spaccacuore tra passato e presente del d.s., il derby contro la Juventus che nessuno si augura, oppure un’altra avversaria che sarà comunque fortissima. Ma non bisogna pensarci adesso. Adesso è il momento di festeggiare. Decidono tante cose, come i pezzi di un puzzle che fa bella mostra sul tavolo. Il gol di Dzeko al 7’ della ripresa, il diciassettesimo in stagione, il quarto in Champions League e il primo all’Olimpico. La capacità di non prendere gol in casa per la quarta partita consecutiva di questa Champions League.

La resilienza – parola cara a Di Francesco – del gruppo di titolarissimi che l’allenatore abruzzese ha scelto come truppa fedele, dal formidabile Fazio all’inossidabile De Rossi, da Kolarov che sa come giocare i big match a Strootman che ha a lungo sofferto nel primo tempo ma poi ha trovato l’assist per il gol di Dzeko e da lì è diventato insuperabile. Nessuna sorpresa alla lettura delle formazioni. La chiave tattica, a bocce ferme, non sembra facile. Aggredire alto lo Shakhtar per metterlo in difficoltà ma rischiare il contropiede? Giocare in modo più attendista perché la partita è lunga? Gli ucraini fanno di più la partita. Tengono palla, danno una bella impressione, ripartono un paio di volte in maniera pericolosa, rischiano solo quando la sfera finisce tra i piedi di Pyatov, uno dei portieri meno dotati del mondo sul piano del palleggio. A un certo punto i compagni preferiscono buttare il pallone in fallo laterale piuttosto che rischiare un retropassaggio. Fonseca, l’allenatore Zorro, ha preparato la gara come all’andata, attaccando soprattutto Florenzi con le sovrapposizioni Ismaily-Bernard. Cengiz aiuta troppo poco in fase difensiva e lascia Flo a ballare da solo.

La risposta di Di Francesco è falsamente umile. Accetta che lo Shakhtar brilli di più, ma ha identificato nei due centrali di difesa il punto da attaccare con il lancio lungo a scavalcare il centrocampo. Il problema è che la Roma resta spesso troppo bassa e così, approfittando di Cengiz a terra, chiama una specie di timeout cestistico e dà istruzioni a De Rossi e Fazio. La tagliola per lo Shakhtar scatta a inizio ripresa. Strootman lancia Dzeko nello spazio con un passaggio che adesso chiamano «no look». Una di quelle cose che Francesco Totti faceva almeno due volte a partita. Dzeko non sbaglia davanti a Pyatov e completerà la sua gran gara nel finale facendo espellere Ordets (33’ s.t.). Ferreyra perde la testa e se la prende con un raccattapalle, facendolo volare dietro ai tabelloni pubblicitari. L’unica vera smagliatura della Roma è la gestione del finale con l’uomo in più, quando si fa prendere un po’ dal «braccino» del tennista al match point. Alisson, però, non deve fare miracoli, per una notte. Allo Shakhtar resta il possesso palla (59 a 41), alla Roma la qualificazione, il dato dei tiri in porta (10 a 4;3a0 nello specchio) e almeno 12 milioni in cassa.

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