RIVISTA LA ROMA – Schegge di memoria: Omar Gabriel BATISTUTA

A volte si tratta, semplicemente, di destini che si incrociano, di strade diverse che conducono allo stesso posto o, per meglio dire, allo stesso momento, chissà quanto atteso, sognato, idealizzato. E non è mai troppo tardi, per un appuntamento con la storia: sia quella individuale che quella collettiva, anzi popolare, corale verrebbe infine da dire, per chi ha ancora negli occhi mesi di canti e colori, in particolare questi ultimi, con quelle tonalità così particolari di giallo e di rosso. Lui veniva dal viola, quello della Firenze gigliata, passionale e al tempo stesso frustrata dall’impossibilità di diventare autenticamente grande come poche altre piazze, in Italia.

Firenze non ha mai smesso di amarlo, nemmeno oggi, né lui ha mai interrotto il flusso d’amore e riconoscenza con cui continua a ricambiare la sua patria d’elezione, su questa sponda dell’oceano dove gli argentini vengono spesso a prendersi una gloria che spesso assomiglia a una predestinazione, come se fosse il giusto compenso per la riscoperta delle proprie radici. Di certo, i fiorentini così abituati a dividersi e a detestarsi reciprocamente, da secoli, per i più variegati contrasti, ritrovarono unità e orgoglio comune, racchiusi entro le sue braccia aperte dopo ogni esultanza, sotto l’ombrello di una maglia numero nove, prima della mitraglia che moltiplicava proiettili di gioia. Non fu possibile vincere, come lui avrebbe meritato, per quella Fiorentina episodicamente

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