ROMA-BAYER LEVERKUSEN. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – “Se qualcosa può andar male, lo farà”, recita il primo assioma delle Legge di Murphy. E i romanisti – giornalisti, ascoltatori, utenti del web – sapevano esattamente chi avrebbe potuto incarnare questa sentenza.
Ma non De Rossi, ahinoi, il quale sceglie Karsdorp: il giocatore che, appunto, nessuno avrebbe voluto in campo in una gara di questo livello. Perché non Llorente, come in emergenza contro il Milan, considerando anche la qualità degli esterni tedeschi?
Xabi Alonso si presenta senza punta centrale e costringe Smalling a diventare il giocatore che tocca più palloni della partita: touché. L’inglese, senza uomo da braccare e costretto a fare la prima costruzione, diventa deleterio.
Bisognerebbe reagire con una mossa dalla panchina: ma la reattività ai problemi che si presentano è una delle attuali mancanze del De Rossi allenatore, che troppo raramente utilizza l’intervallo per risistemare le cose.
Tra queste, avrebbe dovuto esserci la sostituzione di Karsdorp al 45′: si sarebbe così evitata, almeno, la sciocca provocazione dell’olandese, con gli applausi al pubblico che lo fischiava, qualche parola – chissà se di troppo – detta a De Rossi e la discesa negli spogliatoi senza seguire i compagni messi in difficoltà.
La partita, contro un avversario molto forte e ben più fresco, aveva mantenuto inizialmente un buon equilibrio: addirittura, per i giallorossi, la possibilità di andare in vantaggio con Lukaku, che colpisce la traversa.
Al primo spazio concesso, però, Frimpong fallisce una conclusione facile, prodromo di quello che avverrà nel resto della gara: soprattutto dopo il goal regalato da chi, a questi livelli, usa solo un piede per calciare. Il Barone Liedholm lo avrebbe messo ore a fare battimuro.
Dopo lo svantaggio, la Roma sbanda: botta psicologica troppo forte da attutire nell’immediato. Un po’ la mira tedesca e un po’ Svilar, si va comunque all’intervallo sotto di un solo goal.
Ignaro del prosieguo ma conscio di quello che avevo visto, avrei firmato per chiuderla così in quel momento, lasciando ben altre possibilità per la gara di ritorno.
La Roma che rientra in campo ha un sussulto da fermo col consueto schema Dybala per Cristante sul primo palo. Ma è, appunto, un fremito non accompagnato dal contesto, dove invece il Leverkusen dà sempre l’idea di poter far molto male.
Spinazzola deve fare tante corse indietro e alcune buone chiusure, mancando però quella su Grimaldo e subendo un tunnel da cui nasce poi l’occasione del 2-0: Svilar, per me, non irreprensibile.
A orchestrare le danze avversarie c’è Granit Xhaka, il primo giocatore chiesto da Mourinho tre anni fa, mai preso da chi, invece, rinnovò fino al 2025 il contratto di Karsdorp e ha portato “l’ossessione” Renato Sanches.
Le mosse della Roma prima dello 0-2? Angeliño alto a sinistra ed El Shaarawy tutta fascia a destra. Azmoun entra solo dopo lo 0-2 e avrebbe una grande occasione, propiziata da Pellegrini, per accorciare le distanze.
Grande la sua, enorme quella che capita ad Abraham al 94′: l’1-2 avrebbe dato un altro volto al match di ritorno e portato De Rossi a una gestione diversa delle forze, tra Coppa e campionato.
Perché ora, al di là del pensiero di trovare una rimonta che sarebbe epica, si deve purtroppo avere la freddezza di prediligere il campionato, sperando che le seconde linee possano trovare la serata della vita alla BayArena.
Per la Champions servono 10 punti e devono pure essere distribuiti in un determinato modo, per avere la certezza del quinto posto: con la squadra stanca e limitata nelle scelte, causa livello di diversi interpreti, i problemi già vissuti nelle ultime due stagioni tornano prepotentemente ad affacciarsi.