ROMA-MILAN. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Nella conferenza pre-partita di sabato, Di Francesco auspicava di vedere una Roma che avesse continuità per almeno 70’. Con tutti i problemi del caso, la squadra ieri sera ne aveva avuta per una sessantina.
Le opportunità per trovare la rete del vantaggio nel primo tempo ci sono infatti state, sebbene troppo spesso i giocatori giallorossi abbiano sbagliato la scelta finale. Questo ha facilitato il lavoro di un Milan ordinato in campo.
Da Perotti a Ünder, da Nainggolan a Kolarov e Bruno Peres, in molti hanno fallito occasioni o potenziali tali perché la decisione ultima non è mai stata quella più corretta.
Per un tempo non hai concesso praticamente nulla all’avversario e puoi pure recriminare per la gomitata di Kessié a Nainggolan e per l’intervento di Bonaventura su Pellegrini, da calcio di rigore.
Fai grande fatica a ripartire e a seguire gli attaccanti anche perché in molti, da Kolarov a Strootman, per non parlare di Nainggolan, appaiono fisicamente svuotati e, ribadisco, prendono sempre la decisione più errata facilitando il lavoro degli avversari.
Questa la gara fino al 64’, quando Di Francesco decide di chiuderla anticipatamente passando al famigerato 4-2-4. Quando lo fece contro l’Atalanta, il 6 gennaio, giustificai la scelta perché mancavano 14’ scarsi al termine e la Roma, tolto il goal di Džeko, non aveva davvero creato nulla.
Ieri, recupero compreso, mancava mezz’ora alla fine e la Roma era viva: squilibrare in quel modo la squadra è stata una decisione davvero senza senso.
Pallotta, da Boston, si dice furioso con i giocatori, ma questi sono momenti che andrebbero gestiti in prima persona e direttamente sul posto, non certo da migliaia di chilometri di distanza.
Sabato c’è la complicata trasferta di Napoli in una giornata di scontri diretti e poi, dopo il Torino, il ritorno di Champions. La Roma tutta ha deciso cosa vuole fare da grande?