EDICOLA. Roma, una difesa indifesa…
IL MESSAGGERO (U. TRANI) – Il mal di gol, debellato domenica sera con la manita a Puggioni, è rimasto al centro del dibattito a Trigoria tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018. Da metà dicembre, guardando almeno la frenata in classifica e l’eliminazione dalla Coppa Italia, è diventata sicuramente la priorità di Di Francesco per uscire la Roma dal tunnel.
Il risultato contro il Benevento ha dimostrato che il periodo peggiore è forse passato, ma al tempo stesso ha confermato che, analizzando solo il rendimento fiacco dell’attacco, non si è data la giusta importanza all’improvvisa fragilità della difesa. Che, da sabato 6 gennaio, non è più la migliore della serie A. Oggi è il 3° reparto meno battuto con 19 reti subite, insieme con quello dell’Inter. Il Napoli e la Juve, entrambe con 15 gol incassati, sono al momento più affidabili.
TREND NEGATIVO – La vulnerabilità della difesa è certificata dal numero delle reti prese dal 20 dicembre, in Coppa Italia contro il Torino all’Olimpico. Skorupski, schierato al posto di Alisson, incassò 2 reti, mai più successo alla Roma, per un mese e mezzo, dopo le 2 prese il 5 novembre al Franchi contro la Fiorentina. Contando quel ko di coppa contro i granata, in 8 delle ultime 9 partite della stagione, i giallorossi hanno sempre subito almeno 1 gol (2 contro il Torino, l’Atalanta e il Benevento, 1 contro la Juventus, il Sassuolo, l’Inter e nelle 2 sfide contro la Sampdoria). Solo il 4 febbraio, contro il Verona al Bentegodi, non ne hanno incassate, per il 13° cleen sheet di Alisson in 31 partite. Da sottolineare, però, come gli altri 12 siano arrivati nelle prime 22 gare dell’annata.
Il momento chic da metà a fine ottobre: 4 clean sheet consecutivi, in campionato contro il Torino, il Crotone e il Bologna (3 successi per 1-0)), in Champions contro il Chelsea (vittoria per 3-0). Di Francesco, però, non ha mai sottovalutato la questione. Il 3 febbraio, confermando il cambio del sistema di gioco (dal 4-3-3 al 4-2-3-1) per la partita contro il Verona, ha insistito sull’equilibrio che «resta il primo pensiero» per assemblare la squadra e renderla competitiva, a prescindere dal modulo scelto.
ALLARME ANNUNCIATO – L’assetto più offensivo, amplificato nel match successivo contro il Benevento con la presenza di 4 punte, non lo ha mai convinto. Ne conosce, avendolo usato all’alba della sua carriera, i pregi, ma anche i difetti. È vero che il 4-2-3-1 avvicina più giocatori alla porta avversaria e di conseguenza fa aumentare le chance di realizzazione. Così come, quando si perde palla, cresce il rischio di subire le ripartenze e i gol. Il comportamento da squadra, dunque, fa la differenza.
Ma quanto quello dei singoli. Che, provati fisicamente più che psicologicamente, incidono sulla tenuta di ogni reparto. In difesa Florenzi e Kolarov non riposano mai, a centrocampo lo stesso sta accadendo a Strootman che ha ultimamente giocato da play per la contemporanea assenza di De Rossi (non è titolare dal 30 dicembre) e Gonalons, in attacco Dzeko non ha avuto la possibilità di lasciare spazio a Defrel (in campo, dopo 2 mesi, solo lo scorso 24 gennaio) e Schick (riapparso, e appena per 240 secondi, domenica sera). Di Francesco ne terrà conto sabato a Udine, anche pensando alla partita di mercoledì a Kharkiv contro lo Shakhtar.