BRUNO CONTI “Oggi il calcio è diventato più tecnico, io dico che bisogna insegnare più calcio.”
Oggi il rsposnabvile del settore giovanile oltre che bandiera giallorossa Bruno Conti ha parlato all’emittente radiofonica Forza Lupi su Centro Suono Sport. Queste le sue parole:
Bruno, ricordi le tue emozioni al debutto?
L’emozione è stata tanta, soprattutto durante la settimana che ha preceduto quella gara. Per paura di dire qualcosa di sbagliato ai giornalisti e mandare tutto all’aria mi rinchiusi in camera. Non era ancora sicuro che avrei giocato, poi venne annunciato che sarei entrato in campo con la maglia numero 11.
A portarti alla Roma fu Antonio Trebiciani, vero?
Sì, fu Antonio che mi vide giocare e mi segnalò alla Roma. Poi da lì andai a giocare nella Primavera fino ad esordire con il Torino in quello 0-0. Procurai anche un rigore che poi Domenghini sbagliò.
Ai tuoi tempi era più facile farsi notare rispetto ad oggi dove, nel settore giovanile, ci sono molti più giocatori di altri paesi?
Ai miei tempi era diverso, c’era molto più coraggio, Liedholm seguiva tantissimo i giovani, non dimenticherò mai il primo allenamento al Tre Fontane. Secondo me c’era un lavoro diverso, più coraggio e si lavorava di più sullo sviluppo e sul miglioramento dei ragazzi, oggi è cambiato molto. È stato bravo Di Francesco a fare quello che fatto con Mirko Antonucci. Oggi il calcio è diventato più tecnico, io dico che bisogna insegnare più calcio.
Tu entravi in campo sempre con grande grinta. In alcune situazioni di gioco, come le conclusioni verso la porta, conta più l’esercizio tecnico o la testa, come dice Di Francesco?
Oggi è un calcio molto tattico, a volte i giocatori fanno lavori diversi con grande spirito di sacrificio anche in fase di non possesso. Poi la cattiveria viene in base al collettivo e ai risultati. Non penso che questa cattiveria manchi, io penso che col calcio di oggi vediamo partite anche non bellissime. Prima c’era la possibilità di mostrare di più le proprie caratteristiche.
Vedere bandiere come te e Totti fuori dal campo continua a farci un certo effetto. Com’è vivere da dirigente?
L’importante è rimanere nel mondo del calcio, nella società che ami e nella squadra in cui sei cresciuto. Francesco può fare qualsiasi cosa e gli auguro tutto il bene possibile. Io ho fatto il corso a Coverciano, poi sono stato richiamato per seguire il settore giovanile qui a Roma. Oggi credo che noi siamo tra quelli che hanno più giocatori che escono dal vivaio per poi finire in Prima Squadra e in altre squadre di Serie A. Ieri è uscita una classifica che mostra come abbiamo 44 giocatori usciti dalla nostra scuola calcio. Sono contento di lavorare in questa società, aldilà di quel momento da traghettatore, sono felice di aver dato continuità al mio lavoro ed averlo fatto con serietà.
Quanto sono importanti le affinità in campo tra giocatori, tipo quella che c’è stata tra te e Pruzzo e quella che abbiamo visto lo scorso anno tra Salah e Dzeko?
Aldilà del fatto che faccia meno gol adesso, Edin ha sempre dato una grande mano alla squadra. Nel calcio esistono regole precise. Nell’anno in cui sono tornato al Genoa Pruzzo ha continuato a giocare bene e a fare gol, per cui dipende anche dalla bravura del ragazzo e del tecnico saper risolvere la situazione e trovare una soluzione. Salah sta facendo bene ma anche alla Roma ci sono tanti giocatori di qualità come Perotti ed El Shaarawy.