SIVIGLIA-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Una sofferenza sportiva indicibile: esige ancora una reazione da chi, dal Liverpool in poi, ne viste di tutte i colori e forgia ulteriormente chi invece, per anagrafe, qualcuna se l’è risparmiata.
Era andata come speravamo: Roma in vantaggio con una giocata del suo uomo più forte e fragile; canovaccio tattico ideale per la squadra di Mourinho.
Non avevamo fatto i conti, però, con l’arbitraggio dell’inglese Taylor, che già con la gestione dei cartellini e col recupero monstre del primo tempo aveva manifestato una certa ostilità nei confronti dei giallorossi e dell’allenatore portoghese.
È così che l’equilibrio si spezza e il match pende a favore di un avversario che, oltre i meriti, avrebbe dovuto finire in inferiorità numerica e con un rigore fischiato contro.
Alla Roma si può rimproverare poco: è arrivata in fondo con tante difficoltà e, nonostante i recuperi più o meno di tutti suoi effettivi, ha pagato dazio per le condizioni fisiche di alcuni suoi elementi.
Dybala, ovviamente, senza il quale spesso in stagione è stato un miraggio il tirare in porta o tenere su un pallone; il suo sostituto di serata, Wijnaldum, davvero troppo brutto per essere vero e incredibilmente assente anche nei primi tre nomi dei rigoristi.
Sarebbe cambiato qualcosa con un minutaggio maggiore per Bove ed El Shaarawy? Al netto poi dei problemi fisici potenziali (Spinazzola) e purtroppo concretizzatisi (Matìc, monumentale ancora una volta), si poteva azzardare la sostituzione di Wijnaldum al 105’ o addirittura al 90’?
Sono domande che restano nella testa come il perché, con l’olandese in campo insieme a El Shaarawy, Zalewski, Bove, Belotti e Llorente, siano stati Mancini e Ibanez ad andare sul dischetto: due non sappiamo quanto rigoristi ma, certamente, tra i più provati dall’ennesima battaglia.
Eppure la Roma era stata in grado di provarci anche nel secondo tempo supplementare, con la traversa di Smalling a rappresentare l’ennesimo segnale negativo sull’indirizzo della serata.
Ne avevamo visti già tanti altri: Abraham che cade all’indietro cercando un appoggio anziché puntare la porta, dopo aver sbagliato un goal, pur non semplicissimo, in mischia; Belotti che non riesce a sfruttare l’assist su punizione di Pellegrini, unico guizzo offensivo del capitano in una serata votata al sacrificio difensivo.
Finisce con gli spagnoli che festeggiano superando se stessi e ogni scaramanzia: lo fanno infatti nonostante la scenografia che già pregustava il successo e con la serie di rigori battuta sotto il settore dei propri tifosi.
Domenica sono certo che l’Olimpico tributerà il giusto applauso alla Roma, chiamata non a una passerella ma a una partita vera: con quali effettivi, pronti fisicamente e ancor più mentalmente? Arbitra Maresca e al Var c’è Mazzoleni…
Mentre ci sarebbe piaciuta una presa di posizione del presidente della FIGC – così attento al brand Juve ma forse distratto nel valutare la prestazione di Taylor – non possiamo che essere d’accordo su quello che chiede Mourinho per il prossimo futuro.
Qualunque allenatore ha bisogno dietro di una società forte che lo protegga: quelli come Mou hanno inoltre necessità che ne condivida le battaglie e lo appoggi quando serva, con uomini e dirigenti apicali conoscitori delle dinamiche di politica calcistica. Non possiamo che attendere le mosse dei Friedkin per capire di che Roma parleremo.