MONZA-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – La rabbia per il pareggio e l’infortunio di El Shaarawy sono state subito soppiantate dal
timore per le dichiarazioni di Mourinho – interpretabili – in riferimento al suo futuro.
La Roma va in Brianza incerottata (complimenti a chi ha messo un turno infrasettimanale il 3 maggio) ma provando comunque a portare a casa i tre punti.
Inizio horror: primo pallone toccato de Celik, assist per Mota, chiuso in angolo da Rui Patricio.
Come si assestano un minino, i giallorossi meritano il vantaggio. Nel campionato del Nulla, anche il Monza si permette la “ripartenza dal basso”: giustamente punito da El Shaarawy, che sfrutta il pressing di Abraham su Di Gregorio.
Ora più che mai bisognerebbe essere bravi – come in tante altre occasioni – a mantenere quel preziosissimo goal di vantaggio.
Ma la Roma è in difficoltà: non si possono regalare tutti quei titolari quando lo scalino con seconde e terze linee ha un così profondo dislivello.
Quindi arriva il goal del mercoledì del carneade Caldirola, dimenticato da tutti: pure da Chiffi, quando tira giù Celik in occasione di un possibile rigore.
Se Bove è tra i migliori della serata, la palma del peggiore non può che essere assegnata a Solbakken: imbarazzante.
Non calcia, anziché avventarsi su quel pallone dove Ibanez si stava ritraendo: forse il dialogo con Mancini, qualche minuto dopo, verteva proprio su questo.
Fatto che sta che, da lì, il norvegese non azzecca più una giocata: si mette sulle linee di passaggio togliendo palloni ai compagni; cerca di attraversare i corpi, come il peggior Iturbe.
Il secondo tempo è ingiudicabile: terze scelte e Primavera vanno solo elogiati per l’impegno che rischia pure di dare il successo alla Roma al 93’, col miracolo di Di Gregorio su Ibanez.
C’è da capire se i Friedkin avranno voglia di “dare noia”, per dirla con Dino Viola: così fosse, l’unico antidoto all’illusione perdente del bel gioco e della panchina educata, si chiama José Mourinho