CHIVU “Sono sempre stato orgoglioso di aver fatto parte della storia della Roma”
AS ROMA MATCH PROGRAM (T. RICCARDI) – Roma e Inter, senza indossare altre maglie in Serie A. Da una parte ha alzato una Coppa Italia con Spalletti e sfiorato uno scudetto, dall’altra ha vinto campionati con Mancini e fatto il triplete con Mourinho. Cristian Chivu – anno di nascita 1980 e il nome rigorosamente senza H come Cristian Totti – è stato uno dei difensori migliori d’Europa tra il 2003 e il 2014. Centrale mancino, elegante, era più libero vecchio stampo che marcatore puro. La Roma lo prese da capitano dell’Ajax nel 2003, pagandolo 18 milioni di euro. Con la maglia giallorossa collezionò 124 presenze e 6 gol. “Anche se i primi tempi nella Capitale furono complicati…”.
Fa riferimento al suo trasferimento dall’Ajax alla Roma, che rischiò di saltare per una fidejussione?
“Sì, ricordo bene quei momenti… (ride,ndr). Erano gli ultimi giorni del mercato estivo, passai quarantotto ore molto complicate. Io avevo scelto Roma, di giocare nella Roma, allenato da Fabio Capello. Ad un certo punto l’Ajax chiese determinate garanzie bancarie che non erano arrivate dagli istituti di credito romani. Così, mi chiamò Ronald Koeman – l’allenatore dell’Ajax – e mi disse che ero convocato per la prossima partita loro in Eredivisie. Un casino”.
Come reagì?
“Non bene. Da una parte avevo Capello e Baldini che mi rassicuravano, dicendomi che si sarebbe sistemato tutto. Dall’altra c’erano i dirigenti dell’Ajax che mi rivolevano, senza contare altre persone che approfittavano della situazione spingendomi verso altri club che si erano messi di mezzo. Non faccio nomi, però successe. Ma io la mia scelta l’avevo fatta, volevo giocare nella Roma”.
E alla fine nella Roma giocò.
“Sì, la vicenda si risolse positivamente. Il presidente Sensi pagò il mio cartellino in un’unica soluzione e andò tutto nel migliore dei modi. Purtroppo, proprio per questa storia, fui costretto a saltare la prima di campionato a Udine contro l’Udinese, ma poi riuscii a esordire nella sfida successiva, all’Olimpico contro il Brescia”.
Dove segnò al debutto, su calcio di punizione.
“Eh, bei tempi quelli… E la nostra era una grande squadra davvero. Dovevamo vincere lo scudetto quell’anno, avevamo il potenziale per farlo, purtroppo per una serie di ragioni non ci riuscimmo e se lo aggiudicò il Milan”.
In quel campionato, quanto contò lo scontro diretto perso in casa il 6 gennaio 2004 proprio contro i rossoneri?
“Sicuramente influì, però non sarebbe dovuta andare così. C’era un girone intero per restare in testa alla classifica, per rimediare a quel passo falso con il Milan, ma qualcosa poi si spezzò. Credo che lo scudetto lo lasciammo a Brescia a fine gennaio, dove uscimmo sconfitti per 1-0. Lì non si poteva e non si doveva perdere”.
Però vinse anche nella Capitale: nel 2007, la Coppa Italia.
“La conquistammo in finale proprio contro l’Inter. All’andata segnammo tanti gol facendo 6-2, al ritorno a San Siro perdemmo 2-1 senza conseguenze. Fu un titolo importante, al termine di una stagione in cui raggiungemmo il secondo posto e i quarti di finale di Champions League”.
E la stessa estate decise di passare all’Inter, scontentando parte dell’ambiente romanista.
“Nella vita si fanno delle scelte, io feci quella di andare all’Inter. Fui fischiato e insultato per questo dai tifosi della Roma, ma io non porto rancore. Sono cose che nel calcio ci possono stare. Però sono sempre stato orgoglioso di aver fatto parte della storia di questa società e di aver contribuito a portare dei risultati”.
A proposito di scelte, dopo aver smesso con il calcio, s’è stabilito definitivamente a Milano.
“Sì, qui sono nate le mie figlie e la famiglia s’è trovata bene dal primo momento. Roma resta la città più bella del mondo, non ci sono dubbi, però qui a Milano ormai stiamo da tanti anni. E poi, collaboro con Fox Sports, mi è pure comodo… (ride, ndr)”.
Di che altro si occupa oltre alla tv? L’abbiamo vista a Coverciano tra i partecipanti al corso allenatori con altri ex giocatori.
“Sì, ero con tanti ex romanisti. I miei compagni di squadra in quegli anni Mancini e Marco Cassetti, poi Morgan De Sanctis, Marco Amelia, Luca Toni… Eravamo una bella classe e ci siamo divertiti. Ho preso il patentino per la seconda categoria. Questo riconoscimento mi aiuta per l’altro lavoro che sto facendo…”.
Ovvero?
“Osservatore tecnico per l’UEFA. Analizzo le partite di varie squadre dal punto di vista tattico. L’anno scorso mi è capitato di fare pure la Roma in Europa League con il Lione”.
Pensa a diventare tecnico in futuro?
“Nella vita non si sa mai, lo farei volentieri. Aspettiamo e vediamo cosa accadrà”.
Restando in tema di allenatori, Inter-Roma sarà la sfida tra Spalletti e Di Francesco. Con il primo ci ha lavorato, il secondo lo conobbe a Trigoria in veste di team manager.
“Luciano è uno dei migliori tecnici che ho avuto in carriera. Sta nel calcio da tanti anni, prepara le partite curando ogni dettaglio, sa trasmettere alla squadra le sue idee con convinzione. Ma pure Eusebio è molto bravo. Di lui mi colpiscono soprattutto la grande serenità e l’equilibrio nei momenti difficili come questo. Lui sembra non perdere il controllo della situazione. Da un punto di vista tattico, inoltre, è indiscutibile. A Sassuolo ha fatto dei miracoli e i risultati li ha ottenuti anche con la Roma iniziando bene il campionato e vincendo il girone di Champions League contro avversarie fortissime”.
Qualcosa o qualcuno che la incuriosisce di questa Roma?
“Mi piace molto Monchi. Conosce bene il mestiere di direttore sportivo, è un professionista di livello e apprezzo particolarmente come gestisce le squadre dal punto di vista manageriale”.
Dunque, chi vincerà domenica a San Siro?
“Non lo so, ma sicuramente sarà una grande partita. Come sono stati sempre i confronti tra Inter e Roma negli ultimi quindici anni almeno. Non mi sbilancio oltre”.