STORIA DI IERI di Diego AngelinoCOPPE EUROPEETOP

REAL SOCIEDAD-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – Oltre al 2-0 dell’andata e alla presenza di Mourinho, a rassicurarmi sulla trasferta basca c’erano state le fanfaronate di allenatore e giocatori avversari: se sprechi tutte le energie a narrare di rimonte epiche, significa che stai solo dissimulando le tue paure. 

La partita è, come ipotizzabile, una mezza caccia all’uomo, purtroppo permessa da un arbitro che evocava i dolci ricordi di Tirana ma che è riuscito a sbagliare quasi tutto.

Torna la difesa titolare al completo, con uno Smalling (molto bene anche Ibanez, ieri) semplicemente gladiatorio. 

C’è Wijnaldum per l’assenza dell’ultimo minuto di Matić: non bene da mediano, stanco anche dei 90’ contro il Sassuolo. Si perde Oyarzabal sul mezzo miracolo di Rui Patricio; sbaglia una ripartenza che poteva farsi interessante. Ma mette minuti nelle gambe, dopo la lunghissima convalescenza.

Mi aspettavo una Real Sociedad che tentasse qualcosa di diverso rispetto all’andata: invece, la tara mentale del tiki-taka è difficile da modificare. 

Così la Roma ha potuto difendersi quasi sempre con ordine, aggiungendo bravura e un pizzico di fortuna quando i padroni di casa avrebbero potuto trovare il goal del vantaggio. 

Quello che aveva trovato la Roma e che le avrebbe permesso un secondo tempo più sereno: ma l’attuale, ridicola regola sul fallo di mano ha tolto a Smalling la gioia di coronare una grandissima partita. 

Se ha fatto bene chi ha giocato dal 1’, va dato atto anche a chi è entrato, al netto dei pochissimi minuti di Bove: Zalewski in crescendo, dopo un inizio a tentare di prendere le misure all’avversario; El Shaarawy vivace (incredibile il fallo che non gli viene fischiato a favore nel finale); Abraham bene nei movimenti e nelle punizioni guadagnate: ciò che serviva nel frangente in cui è entrato.

Dopo 90’ più 12’ totali di recupero, i giallorossi chiudono la porta per la terza volta nelle ultime quattro gare europee, entrando nelle migliori otto della competizione. 

Che dire? Che con quel portoghese lì in panchina, nulla appare davvero impossibile per una Roma, per la prima volta, tra le migliori dieci del ranking europeo.

Considerando anche l’eventuale semifinale, il prosieguo del percorso internazionale dipende, molto, dalla Roma: sulle spalle di Mourinho il peso di far capire a l’ambiente tutto che la finale di Budapest è ancora lontanissima.