UDINESE-ROMA. A PRIMA VISTA di Paolo MARCACCI
Contano fino a un certo punto le statistiche, positive in assoluto per le trasferte in Friuli e molto di più per l’epoca recente; le difficoltà del momento le traduceva molto meglio, alla viglia, la classifica dei friulani, con sette punti, differenza reti in equilibrio assoluto e due vittorie nelle ultime due gare: a Monza e in casa contro la Fiorentina. Il lavoro di Sottil sta pagando soprattutto sotto il profilo dell’intensità.
Nessuna sorpresa nella formazione iniziale, con la mediana blindata dalla coppia Cristante – Matic per il pacchetto centrale e Karsdorp – Spinazzola ai lati. Con dieci reti, alle quali vanno aggiunti sette assist risolutivi, l’Udinese è la vittima preferita di Paulo Dybala, che al momento del fischio iniziale di Maresca alla Dacia Arena può vantare anche questa credenziale preventiva. In tribuna c’è anche Gareth Southgate: ovvio che l’interesse principale consista nel vedere Abraham all’opera dal vivo, ma come si fa a non dare un’occhiata a questo Smalling?
Un primo tempo che se ne va sulla scia della svista sanguinosa di Karsdorp, che fa una cosa che sarebbe da normale amministrazione quando non si hanno avversari nei pressi; lui non si accorge di Udogie, il quale si accorge proprio di questo, d’altro canto.
Roma che si accende a tratti quasi soltanto per merito di Dybala, che prende botte e ne restituisce una facendosi ammonire; poco sfruttate le fasce e Udinese che fa densità e si riorganizza attraverso un fraseggio di qualità e di efficacia nella corsa.
Secondo tempo: un velo pietoso su una serie di cose, troppe e troppo sbagliate: dal rigore non concesso da Maresca a, soprattutto, una serie di infortuni tecnici, errori di posizione, mancate chiusure sugli avversari al tiro. Senza dimenticare l’atteggiamento del direttore di gara, non nuovo a pose autoritarie. Nel giorno in cui un’Udinese decorosa diventa il Manchester City, bisogna porsi un poco di interrogativi.