RIVISTA LA ROMA – Schegge di memoria: Quel giorno a Torino…
Il Prof. Paolo Marcacci nella sua rubrica “Schegge di memoria” di questo mese ci fa viaggiare nel tempo e tornare al 1983 ad uno Juventus-Roma, con i giallorossi scudettati, rimasto nella storia per il suo finale rocambolesco…
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Dicembre ’83: la storia della Roma era già definitivamente cambiata, dopo lo scudetto del maggio precedente. Pur giocando in casa, quel giorno a Torino era la Juventus ad aver paura dei giallorossi…
A Torino, col tricolore sul petto. Ed è già una cartolina d’orgoglio che arriva dagli anni 80, quelli in cui il calcio mondiale aveva nell’Italia la sua culla della civiltà calcistica: un rinascimento tecnico figlio della riapertura delle frontiere e di investimenti oggi inimmaginabili.
Ebbene, la Roma di Dino Viola proprio in quegli anni memorabili seppe diventare regina nel nostro campionato; non tanto e non solo per essersi aggiudicata lo scudetto nel maggio del 1983, ma per averne meritati perlomeno altri due, prima e dopo. Questo per la società giallorossa non voleva dire soltanto aver raggiunto una soglia di competitività che rappresentava un inedito nella storia del club, ma anche essere approdata a una sorta di leadership tecnico-estetica che era già di per sé una vittoria, che andava oltre gli allori iscritti nell’almanacco.
A Torino, col tricolore sul petto, dicevamo. Voleva dire aver relegato la Juventus al ruolo di sfidante, perché quel 4 dicembre del 1983 fu la Roma a scendere sul terreno dello Stadio Comunale nel ruolo di favorita. La Roma Campione d’Italia, per completare la definizione.
Ora, poi, per definire la “summa” tecnica di quella partita, basterebbe citare, in ordine sparso, un po’ di nomi dei protagonisti di quella fredda domenica piemontese, sia quelli che vestivano la maglia giallorossa che gli altri, con l’ordinaria casacca bianconera a righine strette: Falcão, Platini, Conti, Scirea, Di Bartolomei, Boniek, Cerezo, Tardelli, Ancelotti, Cabrini, Maldera, Rossi e… Pruzzo, fino alla fine, quasi oltre; quando già sembrava chiaro chi dovesse essere a leccarsi le ferite. Campioni e campioni del mondo, dunque, sull’erba gelida del capoluogo piemontese, a disputarsi il vertice del campionato e a contendersi, contemporaneamente, molto di più: il predominio di un’epoca.
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