“ANNO ZERO” di Paolo MARCACCI
di Paolo MARCACCI – Perché questa rubrica l’abbiamo chiamata così? Facilmente intuibile: perché il 2017 ci ha calcisticsmente portato via Francesco Totti e nelll’emozione di quel 28 maggio un solo pensiero siamo stati in grado di formulare in maniera lucida: nulla sarebbe stato mai più come prima, in seno alla Roma; la Roma non come società, ma come entità, patrimonio sentimentale, compagnia perenne dall’infanzia all’ultimo dei giorni. La Roma e il modo di viverla, ma anche di interpretarla e incarnarla in campo.
Ecco perché per quel Roma – Genoa lo stadio Olimpico presentava un volto che era quello degli anni ottanta, novanta e del primo decennio del nuovo secolo: perché per l’ultima volta dentro la sua maglia ci sarebbe stato chi è stato in grado di incarnare spirito, dedizione, legami che – non è colpa di nessuno, è solo la storia che cambia – non avremmo mai più rivisto in un giocatore.
Un giocatore che, dal punto di vista tecnico e di durata, sarà impossibile riprodurre; così come sarà impossibile avere di nuovo un simbolo in campo per tutto quel – maledetto – tempo. Paradossalmente, a volte più rappresentativo in senso romanista rispetto alla Roma stessa; senza polemica verso alcuna gestione societaria, ma avendo ben presenti le sensazioni dell’appartenenza che lui ha saputo incarnare e interpretare per un quarto di secolo, senza alcuno sforzo: ci è nato, cresciuto, rimasto. Invecchiato no, perché Totti può solo migliorare, qualunque cosa faccia.