ROMA-VITESSE. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Dipende sempre da cosa uno voglia: personalmente, allo spettacolo mancato preferisco il passaggio del turno concretizzato.
È indubbio: primo tempo soporifero, ma la logica del doppio confronto – e di un derby a meno di 72 ore – ha probabilmente contribuito a far vedere una Roma attendista.
Questo, insieme alla ribadita inadeguatezza di alcune seconde linee, che non riescono proprio a rendere e che costringono l’allenatore a inserire sempre, a un certo punto, i “titolari”.
Addirittura Marchegiani, seconda voce di Sky Sport, è rimasto basito per alcune giocate palesemente sbagliate di qualche elemento, confermando, ancora una volta, come a giugno vada nettamente alzato il livello degli interpreti.
Dopo aver subìto l’immancabile Eurogol, la Roma si sveglia all’improvviso, semplicemente con gli ingressi di Cristante e, soprattutto, Karsdorp ed El Shaarawy, che portano quel brio necessario per prendersi la qualificazione nei 90′.
Ad Abraham basta un pallone buono per rilassare gli animi e regalare il passaggio del turno alla Roma, al terzo quarto di finale europeo negli ultimi cinque anni.
Si possono migliorare molte cose ma, intanto, avere una squadra che per la settima volta in stagione si prende punti o qualificazione in extremis, è un buon segno di determinazione.
“Qualcuno a casa, noi ai sorteggi” ha detto giustamente Mourinho. Sarà di nuovo Bodø/Glimt: vietato lasciarsi distrarre dal pensiero della “vendetta sportiva”.