ROMA-VERONA. A PRIMA VISTA di Paolo MARCACCI
Anche oggi, come ha sottolineato Mourinho in conferenza, tutti quelli che avevano la possibilità di esserci ci sono stati. Parlando di tifosi, evidentemente; perché i giocatori sono bastati a malapena per fare delle ipotesi di formazione. Il tecnico lo ha ribadito due volte, ieri, all’inizio e alla fine. Perché sapeva che quello di oggi sarebbe stato un pomeriggio nel quale la Roma del suo popolo avrebbe avuto particolare bisogno. E a questo sì legava, se permettete il gioco di palle, il bi – sogno dell’allenatore: tornare a fare tre punti; rendere contento il pubblico.
Prima di oggi, la Roma aveva vinto cinque delle ultime sette gare di Serie A contro il Verona, anche se la sfida più recente si era conclusa con una sconfitta (3-2 in rimonta, firmata da Barak, Caprari e Faraoni); più in generale, i giallorossi sono andati a segno in 24 delle ultime 25 sfide contro i gialloblu nella competizione, l’unica eccezione è la partita persa a tavolino nel settembre 2020, dopo uno 0-0 sul campo.
Al di là delle difficoltà di allestimento della formazione, alla fine è lecito dire che Mourinho si presenta con una squadra composta da titolari. Proprio per questo, è doloroso dirlo ma bisogna farlo, non è ammissibile che il Verona, da subito, appaia prevalente dal punto di vista identitario, organizzativo, atletico.
Nella ripresa, dopo che più d’uno spettatore abbandona l’Olimpico durante l’intervallo, gli avvicendamenti sembrano disperati e si rivelano sensati. Volpato – Bove, pareggio meritato con assunzioni di responsabilità in sequenza; senza scadere nella retorica, vogliamo dire che in questi ragazzi abbiamo visto la tempra agonistica che qualche leader oggi non aveva nemmeno fatto sospettare?
Espulso Mourinho, che dopo aver salutato Tudor dice al guardalinee qualcosa che finisce in “uta” e non è iuta.