VENEZIA-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Sono tornate quelle sensazioni lì. Quelle che non ti basta stare avanti 2-1 per vincere. Poiché qualche fischio “originale” può deviare il corso del match.
Come un rigore – praticamente lo stesso che a te non danno contro il Milan – tra l’altro preceduto da un clamoroso fallo su Ibanez (al VAR che facevano?); come la gestione dei falli; come quella dei cartellini (incredibile Kiyine finisca la partita). Ennesima partita fortemente condizionata da chi dirigeva.
Nell’attuale Roma di Mourinho, rivedo da un punto di vista arbitrale quella di Zeman 1998-1999 e quella di Capello 2002-2003: una goccia cinese che, domenica dopo domenica, si aggiunge alle tue mancanze, divenendo negativamente decisiva.
Le tue mancanze, dicevamo: come essere la prima squadra per tiri effettuati e solo la settima per reti segnate. È davvero incredibile non essere riuscisti a fare più di due reti ieri, con tutte le opportunità avute.
Come prendere goal dopo 3’, in una partita che si percepisce sia importantissima: sia per il peso della classifica; sia per quello delle polemiche, che montano ancor di più durante le interminabili soste per le Nazionali.
Colpe di Mourinho? Per me sempre ridotte al minimo. Vedo anzi un allenatore lucido anche nelle sconfitte che, come tutti i numeri uno, vuole i migliori da poter gestire.
Mi prendo comunque il ritorno al goal di Abraham; la presenza, utile anche per l’inglese, di Shomurodov; la prestazione di Pellegrini non certo al meglio (rimandato a casa dalla Nazionale).
La Curva romanista in trasferta cita Dino Viola nel “fastidio” che dà la Roma quando non sta, mansueta, al settimo-ottavo posto. Che qualcuno spieghi ai Friedkin cosa significa quello striscione. E cosa – oltre a dare i giocatori a Mourinho – bisogna iniziare a fare.