VENEZIA-ROMA. A PRIMA VISTA di Paolo MARCACCI
Tra sarcastiche chiusure di conferenza stampa e cambi di modulo, Mourinho sbarca in laguna con il gol del redivivo – nei tabellini – Caldara che arriva appena il portoghese ha poggiato i glutei sulla panchina.
Però l’identità di oggi dà alla squadra giallorossa la possibilità di riprendersi abbastanza presto il pallino del gioco e una differenza appare evidente rispetto alle uscite precedenti: Abraham ha un senso, perché oggi c’è la palla di mezzo e gli arriva spesso, anche perché ha un senso pure Shomurodov, che gli gira sapientemente intorno e con il sacrificio sistematico di andare a “sporcargli” sempre i palloni giusti.
Rimontare prima del duplice fischio del discutibile Aureliano, che arbitra all’inglese al cinquanta per cento, ossia quando a picchiare è il Venezia, è di un’importanza vitale, perché è come se inviasse un segnale di autostima e fiducia a un gruppo che nelle ultime settimane ha patito un po’ troppe contrarietà: arbitri, manovra un po’ stagnante in parecchie fasi di parecchie partite, nervosismo indotto.
Se è rigore quello che Aureliano concede al Venezia, contro il Milan nel contrasto Kjaer – Pellegrini ce n’erano due insieme.
Detto ciò, anche prima, a ridosso dell’ora di gioco la Roma si era un po’ seduta, invece di cercare il colpo del ko.
Errore madornale quello che porta Okereke in corridoio verticale ad andare a battere Rui Patricio per l’incredibile 3 – 2 dei lagunari.
Alla fine, come troppo spesso accade, finisce con una pressione confusione aria e tanti attaccanti che vanno a sbattere contro un muro. Anche questa è una statistica, esattamente come quella delle decisioni arbitrali. Ci mancava la sosta, adesso, per consegnare Mourinho in pasto a due settimane di malizioso dibattito cittadino. Però bisogna fare qualcosa, siamo ancora convinti che Mou sappia cosa.