A PRIMA VISTATOP

LAZIO-ROMA. A PRIMA VISTA di Paolo MARCACCI

All’ingresso in campo delle due formazioni non si può non ripensare alla “cagata” (testuale dalla conferenza di ieri) commessa dal prode Rapuano con l’espulsione di Pellegrini in Roma – Udinese. E un po’ anche a quanto fosse evitabile il primo cartellino. 

Detto ciò, comincia un derby che ha contenuti storici per più di un motivo, dai due signori che siedono in panchina al ritorno di un ex con motivazioni fortissime come Pedro, passando per il ritorno della massima cornice di pubblico possibile di questi tempi. 

Mourinho nei minuti che hanno preceduto la gara ha sintetizzato, parlando dell’equilibrio tra passione e razionalità, l’ego e l’Es di Freud. Del resto, lui è uno dei migliori psicologi della storia del calcio. 

Primo tempo, senza girarci intorno: Lazio molto carica, pronta ad aggredire il derby per prenderselo, Roma che la agevola, a livello di spazi non presidiati, movimenti difensivi pachidermici, un Rui Patricio per la prima volta poco reattivo. 

Poi la Roma rinasce, a livello di presidio del terreno avversario e sembra un’altra squadra o torna quella che conosciamo, se preferite. Il gol di Ibanez, grande stacco e torsione ancora migliore, è strameritato. 

Nota a margine, alla fine del primo tempo: sul gol di Pedro (non quotato, storia della Roma alla mano), siamo sicuri che un istante prima in area laziale sia stato tutto regolare tra Hysaj e Zaniolo? Noi no. 

Il secondo tempo è un paradigma di ciò che Mourinho non vorrebbe mai vedere e che spera di non vedere mai più: pressione territoriale, tanti calci d’angolo, un’offensiva tutto sommato sterile. E arriva il 3 – 1, col lancio millimetrato di Luis Alberto che ribalta l’azione. Forse però qualche giocatore della Roma sulla trequarti potrebbe essere più generoso in fase di ripiegamento; potrebbe e dovrebbe metterci il cuore che ci mette Zaniolo. Proprio lui rimedia un rigore molto meno netto ed evidente di quello che avrebbe meritato nel primo tempo. Poi deve uscire perché ha dato più di tutto, tra gli applausi della Sud. 

Nel finale succede un po’ di tutto e al tempo stesso è poco, soprattutto per chi un derby del genere lo perde, dopo averne regalato una parte all’avversario. Onore al merito per Nicola Zalewski. 

Chiosa: Mourinho è venuto qua per costruire una mentalità e impostare un lavoro i cui frutti si vedranno nel tempo; non a camminare sulle acque del Tevere. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *