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ROMA-LAZIO. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

C’è un po’ di derby che verrà, in questa serata di vento e spalti virtualmente gremiti dai romanisti, i quali riescono a essere presenti anche a distanza. C’è l’ombra di Mourinho, ovviamente, anche nei secchi di vernice e sui lungoteveri macchiati dagli idioti di cui faremmo sempre a meno, indipendentemente dai colori sociali. 

Siamo al congedo per più di qualcuno, dall’una e dall’altra parte; forse, tra qualche giorno potremmo scoprire che sono ai saluti più romanisti e soprattutto più laziali rispetto a quanti se ne suppongano in queste ore. 

È superfluo ricordare che (anche) ieri Fonseca è stato un signore; anzi, sta diventando persino stucchevole, perché chi ha in canna risposte malevole e risentite potrebbe subito obiettare che tutto questo stile e tutta questa eleganza non sono bastati nemmeno per approdare in Europa League. 

Una considerazione, contingente, ci sta: siccome di tutte le esperienze della vita si tende a ricordare la coda, ossia la parte finale, sarebbe bello che il tecnico lusitano potesse salutare quello che per due anni è stato il suo stadio mettendo nel carniere almeno una vittoria stracittadina. 

La Roma si prende il vantaggio con Mkhitaryan nella fase finale di un primo tempo in cui aveva progressivamente ceduto quanto a ritmi e predominio territoriale a una Lazio più intraprendente, il cui giro palla stava sempre più facendo girare a vuoto la mediana giallorossa. Bravo Dzeko, da sinistra, su suggerimento di El Shaarawy; collaborativo Acerbi, per così dire. 

Nella ripresa, con toni agonistici più elevati e battibecchi biancocelesti con Pairetto, la Roma si riprende spazi e ritmi; Lazio più frustrata è confusionaria. 

Nella seconda parte della ripresa, Lazio a trazione anteriore e guanti di Fuzato sugli scudi. A quel punto Pedro mette la firma con un gran sinistro al raddoppio romanista. 

La Lazio saluta ogni velleità residua di Champions League; la Roma si regala un sussulto d’orgoglio che non basta a salvare una stagione deficitaria. Serve, però, forse, a regalare una soddisfazione a un tecnico che dopo questa serata verrà probabilmente ricordato con un pochino di indulgenza in più. 

La frustrazione degli uomini di Inzaghi, alla fine, si condensa nell’espulsione di Acerbi, scherzato da Dzeko.

Volendo guardare oltre questa mesta stagione, che mesta rimane, possiamo considerare questa serata come una strizzata d’occhio a Josè Mourinho. 

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