SAMPDORIA-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Parto dalla fine: le scuse di Mancini. Un piccolo gesto ma importante, di uno dei pochissimi che in questo momento percepisce il dolore della sconfitta e dell’umiliazione.
Ci ripetiamo: al fischio finale attendevamo dimissioni o esonero. Nulla di tutto ciò, anzi. A Trigoria va addirittura in scena un incontro tra allenatore e dirigenti – senza effetto alcuno – in un lunedì privo di allenamenti, poiché è stato concesso un incredibile giorno di riposo ai calciatori.
Lo specchio perfetto del lassismo trascinante con cui la squadra va in campo, con il vuoto degli spalti che rende sempre più mortificanti i silenzi rassegnati di Fonseca, a fronte delle costanti indicazioni che arrivano, al contrario, da qualunque allenatore ci affronti.
Non fa eccezione il “catenacciaro” – come spesso superficialmente ribattezzato – Ranieri il quale, con i pochi mezzi a disposizione, ha messo su un gioiellino, che pare organizzato manco fosse l’Arancia Meccanica olandese degli anni ’70, a fronte della scalcagnata Armata Brancaleone traghettata dallo spaesato Fonseca.
Per capire la Roma di questi tristi tempi basta parlare del rigore tirato da Dzeko. Il bosniaco ci ha rimandato con la memoria a quell’Osvaldo che, proprio a Marassi col rigore strappato a Totti e sbagliato, rappresentava perfettamente la Roma anarchica messa inopinatamente nelle mani del “collaboratore tecnico” Aurelio Andreazzoli.
Giovedì c’è il Manchester, poi ancora un derby da affrontare: qualcuno ci dica a cosa possiamo appellarci – amor proprio, professionalità – per evitare ulteriori inaccettabili figuracce.