STORIA DI IERI di Diego AngelinoCOPPE EUROPEETOP

MANCHESTER-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – Primo obiettivo: evitare figuracce. Quante volte l’avrò scritto in occasione dei big-match che la Roma di Fonseca si apprestava ad affrontare?

Un concetto semplice, banale, scontato, che purtroppo non ha mai pervaso il secondo allenatore più pagato della Serie A. Troppo preso a dover “dominare il gioco” come dettoci più volte, anziché pensare all’obiettivo ultimo.

Che, in una semifinale, se non può essere il risultato deve per forza essere quello di salvare la faccia.

A maggior ragione se si è deciso, e lo scopriamo in campo, di accelerare troppo alcuni recuperi, cui si aggiunge, lì si sfortuna, la spalla di Pau Lopez: un trittico che t’impedisce di effettuare ulteriore cambi durante il match.

Ma non all’intervallo. Fai l’allenatore, sai meglio di tutti le condizioni dei tuoi giocatori e non pensi sia meglio mettere due freschi avendo certezza, come qualunque altra squadra, che dopo un’ora saresti progressivamente crollato?

Anche perché, e torniamo alla “filosofia”, non chiedi ai tuoi di metterti dietro, aspettare e provare a ripartire e alleggerire, risparmiando più energie possibili.

No, mica sei 2-1 in trasferta: pronti, via e sei lì che attacchi alla ricerca non si sa di cosa, se non dei goal dello United, che spazia nei Campi Elisi. Ma sei ancora 2-2: resisti, la qualificazione è in ballo anche dopo la papera di Mirante per il 3-2. E pure dopo il rigore, generoso, che porta il match sul 4-2.

Quanti momenti, quante occasioni per abbassarsi, aspettare, rifiatare, far scorrere i minuti. Ma nulla, nulla. Siamo lì, ad attaccare ancora senza senso. Colpa, evidente, anche dei giocatori: se è folle ciò che viene chiesto dalla panchina, una sana frazione di autogestione sarebbe stato una mossa intelligente.

Vogliamo parlare delle dichiarazioni del post partita? Ci fossero state delle scuse, la prima cosa di fare. A seguire, immediate, avrebbero dovuto esserci delle dimissioni. Mancanti anche quelle.

E così, malinconicamente, a meno d’improbabili miracoli sportivi giovedì, la Roma getta letteralmente alle ortiche una stagione che poteva essere gestita, facendo le scelte al momento giusto, in maniera ben diversa.

Questo porta a una sola conclusione: il tempo di attesa, per i Friedkin, è già scaduto.

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