DE ROSSI “Roma, mettere in discussione Fonseca è una follia”
(CORRIERE DELLO SPORT) “Prosegue bene il corso da allenatore, siamo online per quattro ore al giorno, come a scuola qualche materia ti prende di più e qualcuna di meno. Si è creato un gruppo WhatsApp della classe che dà molte soddisfazioni”. Inizia così la serata di Daniele De Rossi alla Bobo Tv in compagnia di Vieri, Adani, Cassano e Ventola. Tante risate e una lunga chiacchierata ricca di confessioni.
De Rossi, Gattuso e la Fiorentina
“Intanto dico che Gattuso non lo vedevo come allenatore ma ora è tra i più forti. Fiorentina? Non ero pronto a livello legale, non avevo il patentino. Anche a Pirlo l’ho detto, bisogna avere il coraggio di affrontare le avventure. Poi tocca vincere le partite, fare punti, sopportare la pressione, da allenatore sei solo. Io vedo mio padre, quando perde e torna a casa è infastidito. Questo lavoro ci mette di fronte una nuova realtà, ti prepari e dopo un mese stai a casa. A questo non sarò mai pronto, ma sono elettrizzato all’idea di iniziare. E farlo in una piazza calda mi piacerebbe tanto”.
Idea di calcio: Guardiola come esempio
“Non devo inventarmi nulla, bisogna prendere spunto dai più bravi. Il più bravo per me è Guardiola, solo che come lui non c’è nessuno. In tanti lo scimmiottano, ma non hanno gli stessi risultati. Pep ha capovolto il calcio, ha avuto una squadra fortissima e il giocatore più forte di tutti, senza Messi o Iniesta avrebbe vinto meno, ma le idee che aveva erano uniche. Quella testa Guardiola l’aveva già da giocatore, faceva girare la palla a zero tocchi, ci faceva correre senza toccare la palla”.
Spalletti, Capello e Lippi
“Anche nella seconda esperienza alla Roma Spalletti l’ho visto fortissimo, non peggiorato. È uno dei più forti allenatori che ho avuto. Il mio rapporto con lui era ottimo, anche se lui è uno diretto e schietto e non è facile, è uno che a livello di campo e idee è molto forte. Meritava un palcoscenico diverso e un’esperienza in una big. Io ho avuto anche Capello e Lippi, due tecnici di un’altra generazione ma che hanno fatto la storia del calcio italiano ed europeo. Spalletti mi ha segnato di più perché l’ho avuto più tempo, ma guardo a chi combatte Guardiola con altre armi come Simeone e Klopp, gente da rispettare”.
“Luis Enrique un matto”
“Luis Enrique quell’anno aveva una Roma buona, ma non fortissima. Comunque non gli puoi dare 10 mesi, anche se se n’è andato lui, e questa cosa non gliel’ho mai perdonata. Però un anno per un allenatore è poco. Il primo giorno di allenamento ci ha preso, ci ha parlato del suo calcio, poi ha preso un pallone e ci ha detto ‘giocate’. Ho pensato ‘questo è matto’, non ci dice nulla. Voleva capire come giocavamo per poi subentrare. Quell’anno facemmo belle partite, se fosse rimasto ci saremmo divertiti tanto”.
“Fonseca in discussione è follia”
“Fonseca è quarto in classifica e ora la Roma ha Udinese e Benevento e magari tra due settimane sarà più su ancora. Mettere in discussione un allenatore quarto è follia, ha vissuto alti e bassi certo, però bisogna scindere. La società ora è dalla sua parte, la squadra ha dimostrato di sapere cosa fare, ma non ci si può accontentare di vincere solo con le piccole, bisogna ambire a qualcosa di più. Fonseca è in piena linea, vedendo risultati e gioco. La Roma non è inferiore a Lazio, Atalanta, Napoli e Milan, sta rispettando le aspettative. Ricordo quando dicevano che andava tutto bene e la Roma era quinta l’anno scorso, ora va tutto male e sei lì, è follia”.
La piazza di Roma
“La piazza di Roma è esigente e a volte pesante, è vero. Però in campo ci vanno i giocatori e devi mandare i più forti. Pensa se non avessi venduto i vari Vucinic, Mexes, Salah, Alisson, Nainggolan, Pjanic, Strootman. Gli altri club non hanno questa necessità oppure se ne vendono uno poi ne comprano altri”.
Su Villar e Pellegrini
“Villar è forte, mi è sembrato da subito uno che sapeva cosa fare con il pallone, ragiona. Quando ha iniziato a ricevere le critiche ho iniziato a guardarlo, avrà un ottimo futuro. Anche Pellegrini sta facendo quel salto di qualità che gli serve, da trequartista è molto concreto e si sta ritagliando uno spazio da leader”.
Il derby e i leader: Totti e Pirlo
“Il derby lo perdi e si scatenano i social, ma la cosa dell’ambiente romano è ingigantita, la settimana dopo si va in campo e non succede niente. La partita dopo entri in campo e giochi, non è più come gli anni Ottanta con i calci alle macchine e le carote, non vedo cose folli. Io e Totti? Lui più taciturno è vero, ma dentro il campo la personalità si vede. È importante pure quello che parla meno e poi si prende le responsabilità in campo. Lui le problematiche le risolveva in campo, io non l’ho mai visto nascondersi, anche Pirlo era così. Andrea era riservato, non è che parlava tanto”.
Il Boca Juniors
“Io sono andato lì per la mia passione per il Boca, poi lì è aumentata, non pensavo mi prendesse così. Hanno un modo di vivere il calcio diverso da tutti: fai colazione e il tg parla del Boca, dopo un po’ di cronaca. Mi sono innamorato della gente del Boca, ho perso la testa per l’Argentina, mi sono innamorato anche della realtà del River Plate, se lo metti in Italia sta nella metà sinistra della classifica con la sigaretta in bocca. C’è sempre la grande contrapposizione tra Boca e River, ma ho sempre percepito rispetto tra le tifoserie. Il Boca è una cosa enorme, bisogna viverlo per capire. È possibile, è già successo, che il presidente del Boca diventi il presidente dell’Argentina”.
La Bombonera
“Dentro la Bombonera vivi qualcosa di diverso da tutto, la gente è diversa, chiunque direbbe che sono un gradino sopra a tutti. In quello stadio è stata una delle emozioni più belle. Sono diversi, sono di un’altra categoria anche dopo che perdi. Io mi ricordo Roma-Slavia Praga, se oggi lo dici a un tifoso si butta per terra a piangere. Questi invece erano a terra per aver perso con il River, ma con un orgoglio e un entusiasmo, non ho sentito un fischio, niente. A me chiedono più maglie del Boca che della Roma. Un aneddoto: ho chiesto a un dirigente una sessantina di maglie per regalarle, ovviamente le avrei pagate. Ho chiesto l’IBAN e mi hanno detto che non dovevo pagarle perché mi hanno detto che ero un orgoglio per il Boca e che non dovevo pagare niente. Sono gesti piccoli che ti fanno capire che è una famiglia”.
L’aneddoto del primo allenamento al Boca
“Vanno a un’altra velocità, non toccando la palla non lo ricordavo. Mi hanno ribaltato e mangiato al primo allenamento, avranno pensato ‘ma chi ci hanno portato’. Ho dovuto cambiare un po’, ti pressano fino all’area, ma se non cambiavo qualcosa era un bagno di sangue. Scivolate, botte, tutto bellissimo, ma scioccante”.
Il padel
“Io prendevo in giro Totti, ‘tu sei malato’ gli dicevo, ora invece vedo le palline ovunque. Ho perso la testa, qui a Roma ha preso in maniera brutta, la gente è matta. Una volta vedevo un ragazzo col taccuino: ha fatto le statistiche! Alla fine c’era la voce “assist”, ma come si fa a fare assist a padel?”.
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Conte e il pianto nello spogliatoio dopo l’Europeo
“Conte mi è entrato dentro, l’esperienza dell’Europeo nel 2016 è finita con 40 persone nello spogliatoio a piangere. Ha messo tutto, la gente l’ha capito, ha messo qualcosa di diverso e lo ha fatto anche dopo nei club. Con l’Inter rischia di vincere, io lo stimo molto a livello umano e lo ammiro come allenatore. Bisogna apprezzare anche chi fa un calcio meno bello, io poi l’ho conosciuto: è un uomo leale, è difficile essere un suo giocatore ma è molto bello, è appagante. Mi ha sempre detto tutto, mi disse che se avessi continuato a giocare così non mi avrebbe portato all’Europeo. Mi chiamò e pensavo fosse il mio avvocato, Antonio Conte, poi ho capito che era il mister. Meglio quelli che ti dicono le cose in faccia che quelli che ti sfondano dietro, e me ne sono capitati, anche in Nazionale”.
Corsa scudetto
“Conte obbligato a vincere lo scudetto all’Inter? È una lettura che ci sta, anche se vedo quelli che ha la Juve e penso: come fa a non vincere? Penso che lui lì dentro parli solo dello scudetto, vorrei andarlo a trovare, ma penso che non chieda altro. Lo chiedeva a noi e c’erano Spagna, Germania e Francia. Sa che vincere si ottiene solo col sacrificio e il giusto atteggiamento. Lui ha vinto con la Juve che arrivava undicesima. È importante per lui vincere lo scudetto perché uscire così dalla Champions fa male. Deve provare a vincere fino all’ultimo, poi riuscirci o meno dipende da tanto. Sicuro però non si nasconde nello spogliatoio, ha quell’obiettivo”.