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EDITORIALE. Costruttori e minatori

A lavorare sì, ma in miniera! Questo il naturale sentimento del tifoso nei confronti di chi ha ammantato di ridicolo la sconfitta conto lo Spezia. Non una prima ma un triste déjà vu , sia sul campo che ai margini, a dimostrazione che per superare gli antichi mali di questa squadra non basta un cambio di proprietà ma serve un deciso cambio di passo dentro e fuori Trigoria. Tempi da costruttori e non certo da minatori. E questa volta ci riferiamo ai tanti che negli ultimi mesi distribuiscono mine sul cammino della squadra e del tecnico. Rimproverare a un ambiente che ha evidenti difficoltà ad interpretare il regolamento di non essere in grado di interpretare lo spirito del derby è spicciolo renzismo, al pari della futile discussione sul perché una squadra abbia problemi a vincere con quelle a lei superiori.

La fustigazione pubblica dei responsabili dell’ennesimo orrore regolamentare – al pari della rimozione de tecnico – sarà motivo di giubilo per molti commentatori e qualche ex dirigente ma resta una sconfitta per la Roma e la sua gente.

Coloro che consideravano Luis Enrique un dilettante allora, oggi accompagnano Fonseca alla porta nell’attesa al che al proprio ego venga concesso il patentino, dimenticando quanto fatto dal portoghese per tenere insieme i cocci di una realtà ridotta ai suoi minimi storici e non certo per colpa sua. La sconfitta in Coppa Italia apre ufficialmente la crisi, ma l’assalto alla diligenza è partito molto prima rendendosi palese dopo il derby e il fuoco, per lo più, è stato quello cosiddetto amico.

Ora la palla passa alla società che dopo un fisiologico periodo di assestamento è chiamata a far sentire la propria voce, disinnescare i troppi minatori e difendere chi è deputato a costruire una squadra capace di ritornare ad essere realmente competitiva.

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