NAPOLI-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
L’amore che dribbla la morte, anche col San Paolo vuoto e, se chiamiamo ancora così lo stadio di Napoli, è soltanto perché vogliamo sancire ancora meglio il rito del passaggio, il battesimo di una casa che prima o poi non poteva che incontrare quel nome. E quel nome, domani più di oggi, è dedicato a evocare suggestioni che il tempo potrà soltanto lucidare. Giocare al “Diego Maradona” provocherà al contempo orgoglio e timore, per tutti; rispetto e devozione per chi si ritroverà sulle spalle la maglia azzurra.
La Roma ha reso omaggio, nel cuore di Napoli, con l’uomo e con l’artista di campo che più di ogni altro Diego avrebbe voluto a Napoli: in Bruno Conti l’argentino aveva subito individuato un dialogante tecnico, un fratello di funambolismi. E Bruno conti, del resto, sin dal Mundial del 1982 avrebbe sempre avuto mezzo Maradona nel cognome: Marazico, con il beneplacito anche di Pelé.
La partita è l’appendice di una settimana unica nel suo genere; arriva tra suggestioni e imprevedibili contraccolpi emotivi per gli uomini di Gattuso; di motivazioni e autostima tendente al rialzo per quelli di Fonseca, ora consapevoli e curiosi circa le proprie possibilità di continuare a scalare.
Il primo tempo va in archivio con il Napoli in vantaggio, tutto sommato meritato per la pressione offensiva sviluppata dagli uomini di Gattuso. Peccato che il gol arrivi su un calcio piazzato col quale Insigne calcia quasi da casa sua, angolato ma a mezz’aria e Mirante non stacchi da terra coi giusti tempi. Rivedibile, forse, anche la barriera. Fatto sta che, ai punti, la Roma fa davvero pochino per andare ad aggradire una aggredibile retroguardia partenopea: non si vede mai un filtrante per Dzeko, non arrivano acuti da Pedro, o da Mkhitaryan. Nel frattempo, la Roma deve rinunciare a Mancini prima e a Veretout alla fine del tempo, anche se resta in campo fino al termine della prima frazione con la coscia fasciata.
Serata complicata, avversario dominante anche se non trascendentale, a metà partita. Serve un’altra Roma, nella ripresa.
Invece, la ripresa da difficile diventa frustrante, se non umiliante: quattro gol sono tanti, sono forse pure troppi, ma il Napoli ha continuato a cercarli, mentre la Roma non è andata oltre il solletico, dalle parti di Meret.
Difficile trovare sufficienze, stasera, a cominciare da Mirante; guai, però, ad azzerare, ora, i discorsi sui meriti che Fonseca e i suoi avevano avuto fino a stasera.
La Roma arrivava meglio del Napoli, a questa gara: evidentemente, qualcosa non ha funzionato dall’inizio.
Peccato, ma che serva di lezione.