Dirigenti, conti, sponsor, stadio: la rivoluzione Usa cambia tutto
(GAZZETTA DELLO SPORT) «Entusiasmante». Sembra essere questa la parola chiave del nuovo corso della Roma. Ad usarla, ieri, è stato il ceo Guido Fienga, commentando l’arrivo del nuovo general manager, Tiago Pinto.
La sensazione che si respira a Trigoria, in fondo, è proprio questa. Dal 17 agosto, giorno in cui si è consumato il definitivo passaggio di testimone da Pallotta alla famiglia texana, il tempo è parso correre più veloce, visto gli avvicendamenti ai vertici dirigenziali. Ha chiuso il suo rapporto il vice presidente Baldissoni, hanno salutato il segretario generale Longo e la responsabile del personale Bafaro, avvicendata quest’ultima da Roberto Murgo, è stata varata una nuova area per i rapporti con la città («Roma Department ») affidata a Francesco Pastorella, c’è naturalmente un cda tutto nuovo e l’imminente arrivo di un figura importante come Stefano Scalera. E non è un mistero i Friedkin abbiano da tempo anche il desiderio di trovare un modo per tornare a far collaborare Francesco Totti
Per il momento le priorità della nuova proprietà statunitense sono altre. Sullo stadio, ad esempio, crescono le perplessità intorno all’area di Tor di Valle, sia per l’ubicazione (che non convince anche per via della mobilità), sia per le spese (circa 300 milioni solo per gli oneri di urbanizzazione). Così, anche perché il Covid sta cambiando sia il modo di lavorare che di vedere lo sport, il «business park» sembra meno importante per i Friedkin, ai quali perciò è stato offerto anche di ristrutturare l’impianto del Flaminio. Di questo dossier si occuperà Scalera. L’impegno maggiore, comunque, la proprietà lo sta portando avanti sul fronte del bilancio. Oltre ai 199 milioni dati a Pallotta per il club, i Friedkin hanno iniettato 92 milioni nelle casse, varando contestualmente una ricapitalizzazione da 210 milioni.