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ROMA-LAZIO SOTTOPASSAGGIO. Ora la Nord è davvero Immobile…

di Paolo MARCACCI – È un’orgia di colori che punta il dito verso il cielo, l’attesa; come a dire che il ricordo di Gabriele Sandri nobilita tutto il derby e che sarà sempre un’isola di condivisione in un mare di contrapposizioni.
C’è Nainggolan, ed è una buona notizia soprattutto perché dopo pochi minuti si capisce che la condizione è buona e che il recupero è stato messo a punto senza forzare i tempi.
È un derby equilibrato, come si presumeva, non certo rinunciatario e neppure attendista, da nessuna delle due parti. Col passare dei minuti, è più la Roma a far visita a Strakosha, che la Lazio ad Alisson. Via via più fluidi i giallorossi, sul piano del palleggio, con l’aumentare dei giri di lancetta, come testimoniano due nitide occasioni di Dzeko, la prima delle quali di testa; Lazio più aggressiva e agonisticamente troppo carica, perché alla mezz’ora sul taccuino di Rocchi sono già finiti Lulic e Lucas Leiva, con Bastos graziato dopo una ruvidissima ostruzione ai danni di Kolarov. Agli uomini di Inzaghi non riesce una delle specialità di casa biancocelesti, vale a dire l’incursione rapida per vie centrali, col minimo sindacale di passaggi. La dorsale romanista è compatta, da Fazio in su, nell’intelligenza preventiva delle linee di passaggio.
Equilibrio sostanziale e parziale di zero a zero tutto sommato giusto, alla fine della prima frazione; però Roma più consapevole, che chiude il primo tempo avendo alzato i giri soprattutto dal lato di Perotti, che comincia a insistere nel puntare Bastos e guadagna il fondo con sempre più insistite accelerazioni.
Un solo minuto di recupero si aggiunge ai primi 45: tanta sostanza tattica, buoni ritmi, scorrettezze limitate e comunque tenute a bada da Rocchi, più saggio – almeno a giudicare dalla prima metà del confronto – che in molte altre occasioni.

Si apre il tempo con la rivendicazione della Sud che avoca a sé l’identità dell’Urbe.
Ci si ritrova al minuto 54 con la partita che ha circumnavigato il suo destino, dopo il tracciante di Perotti su rigore, sacro e santo e il bacio d’amore tra potenza e precisione che Nainggolan spedisce oltre la soglia dell’orgoglio biancoceleste, a gonfiare i polmoni di una Sud impazzita, a invitare il cielo scuro a scendere giù per mettere anch’esso una sciarpa al collo. Boato, beato. Affresco di una Nord immobile, con la minuscola. Piovono cartellini, come le polpette del famoso cartoon, mentre nel frattempo Lukaku e Nani hanno rilevato Lulic e Leiva. Ammoniti intanto Luis Alberto e Nainggolan. Poi ci si capisce poco, in area laziale; a dirimere provvede il VAR, che scioglie i dubbi sul rigore indicato da Rocchi. Gol di Immobile: la Lazio torna in partita con orgoglio partenopeo.

Gerson per El Shaarawy, cambio non conservativo ma raziocinante, con l’occhio al cronometro. E non passa mai, non passa più, con la Nord che spinge e la Sud che vibra; al minuto 79 Bruno Peres per Florenzi, esausto. Prova a rialzare la diga la Roma, Con Strootman che prova a proiettare tutti i suoi chili nella trequarti presidiata da De Vrij.
Minuto 84, Juan Jesus per Nainggolan, per smorzare ogni focolaio in area romanista. Segno di grande duttilità da parte di Eusebio Di Francesco. Ammonito pure Fazio.

Mosaico di fraseggi e spigolature, ora, la partita; come se a ogni rinvio potesse l’una il tempo far scivolare, l’altra dilatarlo. Al minuto 90, la Lazio vede Alisson nelle pupille, senza per questo fargli abbassare lo sguardo, davanti a Nani e compagni.

Sei di recupero, con accenno di battibecco. A terra Perotti, col tempo che gocciola e la Roma che si imbarazza nel fraseggio.  Si capisce che è fatta quando Bruno Peres ferma Lukaku e chiama la Monte Mario all’esultanza.  Ma c’è ancora da soffrire e discutere, fino a che Rocchi non scioglie il capannello, Alisson rinvia, la palla esce sotto la Tevere…

Ora la Nord è davvero Immobile.

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