EDICOLA. Italia, zitti e a Mosca…
IL MESSAGGERO (U. TRANI) – È la notte più lunga per l’Italia. Che non può sbagliare la seconda sfida, in 72 ore, contro la Svezia: nel playoff di ritorno a San Siro, davanti a 73 mila spettatori, c’è in palio la nostra presenza al prossimo mondiale. E gli azzurri, dopo il ko di venerdì alla Friends Arena, entrano in campo con l’angoscia di dover ribaltare il risultato, non essendo al momento tra le 32 che si sfideranno a giugno in Russia. Il match è più che da dentro o fuori. Perché, anche senza vederla come un’apocalisse, la mancata partecipazione certificherebbe un fallimento che il nostro movimento, in tempi di carestia e di ingovernabilità, non si può proprio permettere. Pagherebbe di conseguenza ogni componente: dirigenti, ct e giocatori. Perché, dopo due eliminazioni di fila alla prima fase nelle edizioni del 2010 in Sudafrica e del 2014 in Brasile, significherebbe toccare il fondo. Già due volte la Nazionale è rimasta fuori dal calcio che conta. La prima nel 1930, ma per sua scelta, non potendosi permettere il viaggio in Uruguay. L’altra, sessant’anni fa, quando perdendo a Belfast fu eliminata dall’Irlanda del Nord.
MAI SUCCESSO – L’Italia, nel 1959, non andò proprio al mondiale organizzato dalla Svezia che stasera sarà l’ultimo ostacolo da superare per andare in Russia. La qualificazione, però, impone quella rimonta che finora nei playoff, in quattro precedenti, non è mai riuscita a chi è presentato al ritorno dopo aver perso 1 a 0 all’andata. Gli azzurri, in una situazione così angosciante, si sono ritrovati solo una volta, nell’autunno di vent’anni fa. L’unico spareggio, contro la Russia nel 1997, andò bene. Adesso, però, la situazione è più complicata. All’epoca gli azzurri pareggiarono 1 a 1 a Mosca e, al ritorno a Napoli, entrarono in campo già promossi e quindi più tranquilli, anche se poi il successo fu di misura. Non sarà lo stesso stasera, dopo l’autogol di De Rossi a Solna. Anche perché Ventura non è più quello della stagione scorsa. Dopo l’estate e soprattutto dopo la sconfitta deprimente del 2 settembre a Madrid, ha perso il controllo del gruppo. E anche parte della credibilità. Per restare in corsa è sceso a patti con i senatori che gli hanno imposto il sistema di gioco e forse anche qualcosa in più. Nelle ultime 5 partite la Nazionale si è improvvisamente fermata: 2 sconfitte e 1 pari, oltre ai 2 successi utili, anche con la spinta esterna del Belgio, per arrivare a questo spareggio. Solo 3 gol realizzati: l’idea di gioco propositivo è improvvisamente sparita. E’, invece, riapparsa la mediocrità degli interpreti che avrebbero avuto bisogno di più certezze e meno slogan. Il quadro, nella notte della verità, è desolante. Se i senatori non sono al top, cioè in forma come all’Europeo del 2016, i giovani sembrano fermi al palo, quasi impauriti davanti alla responsabilità di vestire questa maglia. Si naviga nell’improvvisazione: lo dimostrano gli ultimi 9 gol, segnati da 9 giocatori diversi.
ULTIMA CHIAMATA – C’è chi stasera potrebbe dire addio all’azzurro. Da Buffon in giù. Pure Ventura che, a quanto pare, proporrà 3 novità dopo la caduta di Solna. Dentro chi sta meglio, ma evitando di stravolgere la traccia. Sempre più simile a quella del suo predecessore Conte che, anche in caso di qualificazione, potrebbe a sorpresa diventare il suo erede: ecco il 3-5-2 che, in formula ibrida, si trasformerà nel 4-2-4 (o 4-4-2, fa lo stesso). Una via di mezzo per arrivare al mondiale. L’arbitro sarà lo spagnolo Lahoz, 40 anni, professore di educazione fisica. Si prepara leggendo i giornali e in campo dialoga con i giocatori. Li mette a loro agio, arrivando a chiedergli come stanno i bimbi. La Svezia è preoccupata. Non perché Lahoz interrompe spesso il gioco, ma perché è il pupillo di Collina, presidente della Commissione Arbitri della Fifa.