PARMA-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
C’è una corrente, più o meno cospicua numericamente fate voi, all’interno del tifo romanista, che considera l’impegno di stasera allo stadio “Ennio Tardini” di Parma, esordio e allo stesso tempo primo vero bivio stagionale in una competizione, più importante di Roma – Juventus di domenica scorsa in campionato. Forse, a questa corrente appartiene anche chi scrive. Non capiremo mai chi ha ragione e chi torto, del resto nemmeno conta saperlo. Di certo c’è un fatto: la Roma della gestione Pallotta non ha portato a casa alcun trofeo e, a oggi, non risulta che siano state costruite bacheche apposite per ospitare le semifinali di Champions, trasporto emotivo a parte.
Una competizione nuova, con riferimento alla stagione in corso, per azzerare frustrazioni recenti e diatribe di mercato sull’asse Roma – Milano. Si potrebbe ripartire da due elementi: il decoro agonistico ritrovato nella seconda parte di Roma – Juventus, rispetto all’empasse di Roma – Torino e la presenza, incurante dello zero nei gradi di temperatura, di un migliaio abbondante di fedelissimi giallorossi sugli spalti gelidi dello stadio parmense. Non pochi, di certo stoici, indubitabili per fede e sostegno.
Che squadra è quella di Roberto D’Aversa? Una compagine compatta, perennemente corta per quanto riguarda la compattezza tra le linee, agonisticamente in salute e in fase di marea montante quanto a entusiasmi. Non una compagine catenacciara, attenzione, bensì una squadra granitica nel sottopalla e primatista quanto a contrasti vinti. Nel corso della stagione, poi, le son fiorite le individualità, non solo Kulusevsky.
Il primo tempo va in archivio con un dato perentorio del possesso palla, 57 per cento a favore della Roma, tradotto in una soglia di pericolosità non sufficiente, pur dopo una ventina di minuti in cui perlomeno Perotti e compagni hanno cercato lo specchio della porta. Troppo poco, oggettivamente; per di più contro un avversario che si è sistemato in modo da amministrare meglio le risorse atletiche. Una modulistica tattica interessante, con Cristante che si abbassa a comporre il trio di difesa.
Sostanzialmente, in una manifestazione che dovrebbe smuovere in modo particolare gli appetiti romanisti, ci aspettavamo di più, da Kalinic come da Perotti, da Pellegrini come da Ünder.
Ricomincia il secondo tempo, dopo quattro minuti si avrebbe la sensazione che il Parma sia rientrato in campo meglio. Poi, finalmente, quella cosa che da tempo invochiamo, ossia l’assunzione di responsabilità da parte di chi in questa squadra è chiamato a essere leader: Pellegrini dal vertice sinistro chiama il triangolo a Kalinic, riceve e ricama lo zero a uno, di interno destro, coi giri contati.
Il Parma non si scompone, buttando dentro tra gli altri anche Kulusevsky. Poco dopo il vantaggio ci mette una pezza Pau Lopez, e vale perlomeno mezzo gol, su un’incursione parmense nel cuore dell’area romanista.
Poi arriva anche il rigore, per la Roma, indiscutibile per fallo di mano di Barillà.
Rigore con esecuzione “perottiana”, tra l’altro subito dopo l’uscita di Perotti.
Pellegrini poi deve uscire per un pestone alla caviglia, non prima del sacrosanto omaggio al settore ospiti.
Toh! Si rivede pure Bruno Peres!
Si va ai quarti ragazzi, Augusta Taurinorum. Sarebbe ora, no?