GARCIA “Essere uno straniero aiuta a fare meglio”
(GAZZETTA DELLO SPORT) L’ uomo che riportò la chiesa al centro del villaggio vive giorni inconsueti. Mare, famiglia e il calcio visto in tv. Incerti della vita dell’allenatore, che Rudi Garcia racconta col sorriso di chi conosce il mondo. Ma c’è il derby di Roma in arrivo e allora il passato – che lo racconta come uno mai sconfitto nella Stracittadina (3 vittorie e 2 pareggi) – torna a palpitare.
Fonseca: è un vantaggio vivere il derby da straniero?
“Penso di sì. Quando sono arrivato ho capito da due romanisti come Totti e De Rossi come si vivesse. Parlando con loro si capiva come il passato fosse un peso e questo, a volte, può far perdere di lucidità. Ecco, io non avevo quella zavorra. Ma a Fonseca non servono consigli. Lo conosco, è bravo. E poi sa che un derby non si gioca, si vince“.
Qual è stato il derby che ricorda di più?
“Il primo, perché ha risollevato l‘ambiente. Ma quello del 2015, finito 1-2, fu più importante“.
Come partorì la frase della chiesa al centro del villaggio?
“Dopo la sconfitta nella finale di Coppa, la Roma era presa in giro e siccome tutti dicevano che eravamo superiori, ho fatto capire che la vera chiesa era la nostra“.
Ora quali possono essere i giocatori decisivi?
“Non ci sono favoriti. Vedendo la partita col Genoa, ho capito che c’era bisogno di rinforzi in difesa e Smalling può essere l’acquisto giusto. Gli attacchi possono essere decisivi. Io però punto molto su Pellegrini“.
Come ha vissuto da lontano l’addio di Totti e De Rossi?
“Ho sofferto davanti alla tv. Nella vita tutto finisce, ma conta anche il modo“.
Lei che farà da grande?
“Ho avuto offerte da Inghilterra, Spagna e anche Italia, ma preferisco aspettare un bel progetto. Così ora mi limito a tifare. Per la Roma, naturalmente“.