ROMA-GENOA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
– Dove vai, quando poi, resti sola? -: bella la canzone di Battisti, ma la domanda non va posta, perché non si pone la questione, quando di mezzo c’è la Roma, anche il 25 di agosto, con la città ancora abbastanza vuota. Eccolo, quindi, il pubblico giallorosso, con tutti gli aggettivi che si porta appresso: partecipe, curioso, ovviamente felice di esserci, dubbioso, forse preoccupato e al tempo stesso affamato, dopo la lunga pausa estiva; infine, soprattutto, fedele.
Quattro i volti sui quali, più che su altri, ci cade lo sguardo, anche durante il riscaldamento: Edin Dzeko, sorridente perché rimasto a furor di popolo e ancor più di moglie; Pau Lopez, l’unica novità di questa prima serata di campionato, che già trasuda affidabilità; Alessandro Florenzi, capitano ora più autentico, rafforzato e rinsaldato da un gesto, quello rivelato proprio da Dzeko, che gli rende più salde le cuciture della fascia al braccio; infine Paulo Fonseca, uomo dalle parole misurate per numero e contenuto, anzi calibrate, per meglio dire. Meno esposto, in sede dialettica, rispetto al suo gioco in campo.
E il campo, che dice? Innanzitutto accoglie la Roma con giochi di luce e buio in una intermittenza di emozioni. Colpo d’occhio, dall’alto della tribuna stampa: Roma compattissima, in quaranta metri circa.
Cosa ci dice il vantaggio subitaneo? In primis che Under quando sta bene non può mai essere un giocatore casuale.Fulmine a ciel sereno, il pareggio: quando Pinamonti arriva al punto di battuta, con la linea difensiva della Roma schierata, si comprende che il corto circuito è forse iniziato all’altezza della linea mediana. In meno di venti minuti, abbiamo visto piacevolezze e rischi della Roma di Paulo Fonseca: non sappiamo come andrà, ma di certo non ci annoieremo mai.
Il due a uno arriva in un fazzoletto di dribbling e pensieri, di tecnica sopraffina e gratitudine: Dzeko deposita il nuovo vantaggio laddove ci piace immaginare la sua valigia vuota, piena di palline di naftalina.
La Roma tira molto dalla distanza, stasera quasi più che in tutto il precedente girone di ritorno. Una di quelle cose che vorremmo vedere sempre, visti gli interpreti.
Il rigore del Genoa arriva più che altro per colpa di Fazio che inguaia Juan Jesus, il cui fallo è tanto evidente quanto sfortunato, su Pinamonti. Penalty di Criscito, uno specialista, che Pau Lopez intuisce e sfiora col guanto sinistro. Roma colpita di nuovo a freddo, ma non sfiduciata.
Al di là dell’episodio con cui arriva il tre a due, ossia la punizione sontuosa di Kolarov, la Roma sembra a suo agio nel dispiegamento offensivo.
Il tre a tre di Kouame fa particolarmente male, perché nasce nel momento in cui la Roma getta alle ortiche una transizione offensiva per vie orizzontali e consente a Barreca di far rinascere sulla sinistra un’azione rossoblu che trova impreparati sia Florenzi che Mancini. Errori di fase difensiva, più che difensivi in senso stretto.
Cosa ha detto la gara, a conti fatti? Innanzitutto che Petrachi deve completare il lavoro, acquistando un difensore con certe caratteristiche, non uno a caso. Poi, che siamo in una fase da “work in progress”: non c’è dubbio sulla del work, ma siamo certi anche del progress.