RASSEGNA STAMPA

De Rossi chiude un’era

(IL TEMPO, Austini) In lacrime per te. Due anni dopo, ci risiamo: il popolo romanista piange l’addio di una bandiera, da Totti a De Rossi l’emozione non cambia e si chiude definitivamente un’era. Stavolta fa ancora più male. Perché la storia giallorossa del biondo di Ostia si chiude in modo crudele, senza il necessario preavviso, un distacco che certifica la distanza tra la Roma di oggi e il sentimento popolare. Due mondi che parlano lingue diverse e non si capiranno mai, al di là di chi abbia ragione e chi torto. E lo strappo finale della società su De Rossi non fa altro che acuire la rabbia.

«Mai come in questi giorni vi ho visto uniti per qualcosa», scrive il capitano nella commovente lettera consegnata al sito ufficiale del club. Un piccolo segnale di disgelo e un «arrivederci» finale che sa di promessa. Perché De Rossi tornerà in un’altra veste in un futuro indefinito, dopo aver giocato chissà dove e per quanto. Stasera, intanto, saluta la
sua Roma col cuore a pezzi e la chiara percezione di essere «cacciato» da casa sua perché non ritenuto più all’altezza di giocare. Un giorno che prima o poi doveva arrivare ma tutti, lui per primo, speravano fosse diverso.

Nell’Olimpico pieno, con 63mila spettatori (rimessi in vendita ieri gli ultimi biglietti di tribuna, i cancelli aprono alle ore 18), la scenografia preparata dai ragazzi della Curva Sud, gli striscioni, i cori, i pianti, gli insulti e tutti i sentimenti possibili di questo mondo, alle 20.30 si gioca un altro Roma-Parma che entra nella storia come quello dell’ultimo scudetto. Il tricolore che De Rossi non è mai riuscito a vincere nelle 18 stagioni successive in cui ha vestito la maglia della prima squadra, una sorta di maledizione davvero immeritata e dura da accettare.

Fascia da capitano al braccio, quella originale e chissenefrega delle multe, Daniele giocherà dal primo minuto nel cuore del centrocampo per guidare la squadra verso un’impresa praticamente impossibile: la combinazione di risultati che servono per entrare in Champions equivale a un miracolo. L’idea di Ranieri, concordata con De Rossi, è una sostituzione simbolica verso fine partita con il capitano della Primavera, Alessio Riccardi, uno dei possibili eredi del futuro. E se la fascia è già stata «consegnata» per l’anno prossimo a Florenzi, nel post-partita di celebrazioni sarà Totti a premiarlo come uomo della società. Scelta obbligata, perché chiunque altro prenderebbe una valanga di fischi.

Pallotta non ci sarà, il programma prevede il rientro di De Rossi dagli spogliatoi dopo la gara con un saluto a tutti i compagni schierati ad aspettarlo, la famiglia e gli amici al suo fianco e poi quel giro di campo che sarà straziante. Non sono previsti discorsi da leggere col microfono, ma solo musiche scelte dal capitano in sottofondo.

Trigoria in questi giorni è stato un via vai continuo, ieri gli ultimi tifosi a salutarlo prima dell’allenamento finale con la squadra, poi tante visite di amici più o meno stretti, anche la sera in ritiro. Da domani De Rossi sarà in vacanza in un mare esotico, poi inizierà a scegliere seriamente la squadra in cui giocare, con gli States come destinazione più probabile ma da gennaio. Con la Roma sarà solo un arrivederci. E l’idea di quel ritorno aiuta a piangere un po’ meno.

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