GENOA-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Il primo pomeriggio ha portato un ostacolo in più in classifica e qualche imbarazzo; bisognerebbe chiedersi cosa ci si aspettasse ma non c’è tempo, né avrebbe particolarmente senso. Del resto l’obbligo di fare dodici punti era preesistente a Lazio – Atalanta, dopo è soltanto più stringente. Terreno gravido di pioggia e tonnara di centrocampo; Prandelli serra le linee e tiene a mente che l’Empoli è vivo e lotta contro di loro.
Nel primo tempo contabilizziamo una parata salvifica e spettacolare di Radu su una girata di testa di Fazio sporcata dalla testa di Zukanovic; intorno prevalenza giallorossa a livello di possesso palla ma tante conclusioni verso la porta di Mirante. Aggiungeremmo che Criscito e compagni hanno iniziato la partita con una soglia agonistica più elevata rispetto alla Roma, che si lascia picchiare, per così dire, senza opporre la giusta dose di tacchetti.
Nessun cambio di Ranieri all’inizio della ripresa e siamo francamente d’accordo, visto che la scarsa incidenza della Roma nella prima frazione è stata causata dall’atteggiamento collettivo, non dal fatto che qualche presunto protagonista è mancato all’appello più di altri.
Bisogna concludere dalla distanza: questa ci sembra una delle chiavi per ratificare la superiorità tecnica di Zaniolo e compagni; proprio Zaniolo dopo dieci minuti piazza un sinistro teso e a spiovere, scoccato dal vertice destro dell’area, che Radu con la consueta reattività alza sopra la traversa. Però, già oltre l’ora di gioco, bisogna dire che la sufficienza striminzita non basta per la prosecuzione del sogno europeo di prima classe. Cambi, allora: Schick per Pellegrini (evanescente) e poco dopo Kluivert per Zaniolo. Si comincia a provare anche con la contraerea, soprattutto per la testa di Dzeko. È ancora poco e il tempo scarseggia, per ambizioni e relativa appetibilità della panchina romanista, se si dovesse cambiare guida tecnica. Il dubbio che instilliamo non è una mera provocazione.
Schick perde sangue dal labbro: vuoi o non vuoi, fortuitamente o volutamente che sia, il Genoa continua a picchiare. Nel frattempo è arrivato Pandev in luogo di Lapadula.
Minuto 80: Ranieri sceglie Pastore; mossa un po’ della disperazione e un po’ del tentativo di estrarre il coniglio dal cilindro, per quanto si può. Invece no, perché accade altro e Pastore si risiede. Minuto 82: più che il coniglio arriva il piccione, nel senso che il cross da destra di Kluivert trova la testa di Dzeko, la quale innesca l’arrivo di El Shaarawy da sinistra: conclusione chirurgica a incrociare di sinistro, con coefficiente di difficoltà più elevato di quanto sembri. Palla alla sinistra di Radu ed esultanza contenutissima in omaggio al suo passato rossoblu.
A questo punto, una squadra ci mette soprattutto la testa, per portare a casa l’intera posta. Invece la testa ce la mette Romero, al minuto 91, in una selva di maglie romaniste. Delittuoso. In marcatura c’era Schick, addirittura. Uno a uno.
Nel frattempo, fuori Florenzi per infortunio, dentro Karsdorp.
Minuto 94: apertura di Pandev, torre di Kouamé, Sanabria travolto da Mirante. Rigore.
Parata. Non cambia la vita alla Roma. Forse lascia complicata quella del Genoa.
Finisce così: comunque male.