TOTTI STORY: Un giorno per caso…
di ALBERTO MANDOLESI. avamo tanti, in coda a via Crescenzio, nell’attesa di accedere al Follia, un locale che andava di moda nella prima metà degli anni ’90. Quella sera era in programma una bella festa, e nessuno voleva mancare. Girai lo sguardo intorno per cercare alcuni amici, e mi ritrovai a fare la fila assieme a lui: Francesco Totti, il ragazzino della Primavera di cui tutti parlavano un gran bene. Logico, perché non bisognava essere un genio del calcio per accorgersi che fosse davvero una spanna sopra gli altri. Allora frequentavo spesso i campi di Trigoria, e altrettanto spesso, durante i miei programmi radiotelevisivi, mi era capitato di segnalarlo così come avevano fatto tanti altri miei colleghi. Sta di fatto che, in modo del tutto naturale, era scaturito un bel feeling tra di noi. A me era simpatico quel ragazzo impertinente che sul campo diventava imprendibile, e lui probabilmente non disprezzava
quelle buone parole profuse da chi, come me, a quel tempo aveva più del doppio della sua età.
Iniziammo subito a chiacchierare e fu proprio in quella occasione che, a pochi metri dall’ingresso, scaturì la mia scherzosa previsione. «Stiamo per entrare – gli dissi – vedo che per te le cose col pallone stanno andando bene. Chissà che io non ripeta la stessa previsione che vent’anni fa dedicai alla mia carissima amica Mia Martini».
«Che cosa le dicesti?» – mi domandò curioso – «Facevamo musica insieme, e lei mi presentava a tutti come il suo autore personale. Un giorno le dissi che lei era troppo più brava di me, e che con ogni probabilità un giorno sarebbe diventata così famosa da passarmi avanti seduta in una limousine dai vetri oscurati, mentre io, bussando al finestrino, le avrei chiesto se si ricordava ancora di me.
Non sono andato lontano dalla realtà soltanto perché siamo rimasti sempre amici. Chissà se anche tu diventerai così famoso da essere quasi irraggiungibile…» Francesco si mise a ridere e disse: «Magari fosse vero! Ma se anche accadesse, io non dimenticherei le persone che si sono comportate bene con me». Non so se il capitano ricorda ancora questo episodio e questa mia scherzosa previsione. Non gliel’ho mai chiesto in tutti questi anni. Quello che è certo, però, è che mantenne la parola perché quando iniziò a diventare un beniamino dei tifosi e decise che era arrivato il momento di fare il suo esordio in una trasmissione televisiva, scelse di venire da me, declinando tutti gli inviti che provenivano da network infinitamente più importanti e da programmi molto più prestigiosi. Riconoscenza? Credo di sì.
Roba che, come le bandiere nel calcio, al giorno d’oggi quasi non esiste più.