Dzeko, la rabbia del leader buono
(IL MESSAGGERO) C’è chi gli rimproverava di essere troppo buono, ora chi lo accusa di essere diventato troppo cattivo. Che cosa vogliamo da Edin Dzeko? Niente. Questo giocatore è destinato ad essere sempre contestato se sbaglia un gol o se per tre partite non segna. Però piace a tanti, per quel suo essere un cattivo dalla faccia buona. Il suo destino è fare gol: questo gli si chiedeva quando era buono, glielo si chiede oggi che ha il muso brutto.
Numeri alla mano, va detto che Edin segnava di più prima, lo scorso anno è stato il top. Maoggi Edin è un leader, un punto di riferimento per la squadra, uno che si piazza in mezzo a tutte le giocate, a ogni palla morta, becca ammonizioni, rischia espulsioni. Si fa sentire in campo e nello spogliatoio. Si sente padrone della Roma, nella quale vorrebbe restare ancora a lungo.
Oggi c’è il derby, e lui con la Lazio ha un discreto rapporto. Diciamo di alti e medi. Il gol alla prima (con Garcia in panchina, 8 novembre 2015), su rigore (calciato non benissimo, a dire la verità) e la seconda nel girone di ritorno (con Spalletti in panca 4 aprile 2016). Poi, buone partite, una sola sconfitta in campionato e una in Coppa Italia, un pareggio e sei vittorie. Solo una gara, delle nove totali, ha giocato solo per trenta minuti, che poi è quella in cui ha segnato il suo secondo gol alla Lazio.
Un nove con i piedi da trequartista (sono 35 gli assist da quando è qui). Ed ecco perché piace tanto a Di Francesco, che a lui non rinuncia mai, lo ha fatto solo per cause di forza maggiore: un infortunio lo ha tenuto fermo per più di un mese. Per non parlare poi di quando, lo scorso gennaio, il tecnico ha puntato i piedi per farlo restare nella Capitale.