Stavolta potremmo chiamare in causa anche il vento, per tentare l’impresa disperata di giustificare la prima mezz’ora allo stadio “Benito Stirpe”. Non è soltanto una battuta desolante per descrivere il nostro stato d’animo fino al momento del pareggio rabbioso di Edin Dzeko; è che davanti a una Roma arrendevole e svagata, gli uomini di Baroni ottimizzano anche il vantaggio di disputare il primo tempo nella metà campo in cui Eolo soffia in favore.
Però nessuna divinità si prenderebbe l’onore di giustificare un tale approccio alla gara, una distrazione come quella di Olsen, una presenza/assenza come quella dello N’Zonzi di stasera, un nervosismo ingiustificato come quello di El Shaarawy (forse graziato da Manganiello che lo ammonisce soltanto).
Tre gol rocamboleschi, un vantaggio che allo scoccare del primo terzo di gara nessuno avrebbe potuto supporre, una serie di interrogativi che accompagnano gli uomini di Di Francesco – e lui ancora di più – nel sottopassaggio allo scadere dei primi 45’.
Una grande squadra il secondo tempo lo gestirebbe, quanto a ritmo e tossine, aspettando il frangente utile per mettere a segno la terza rete e veleggiare sull’onda della frustrazione avversaria, verso l’approdo del triplice fischio. Una grande squadra.
Non è nemmeno il momento di fare del sarcasmo, perché ci vorrebbero rilassatezza e tranquillità; la Roma però non esibisce un controllo totale della partita, il Frosinone continua a ripartire e, furbescamente, gli uomini di Baroni si mostrano molto reattivi nel rubare palla ogni volta che la mediana giallorossa evidenzia un palleggio balbettante.
Riflessione dopo un’ora di gioco, col vento ora a favore e col risultato che momentaneamente premia gli uomini di Di Francesco: se dovessimo stilare già adesso le pagelle dei singoli, non avremmo di certo tutte sufficienze. È un dato sul quale riflettere, ma sarebbe comunque più confortevole farlo senza aver perso terreno nei confronti di un Milan sempre più brillante e autorevole.
Perotti ha dato tutto, a questo punto, né qualcosa di più era lecito pretendere da lui, stasera, a livello di dinamismo. Arriva Zaniolo, in luogo dell’argentino: si può discutere su convenienze e cautele, date la diffida e l’elevata soglia agonistica di stasera.
Frosinone vivo, Roma non blindata: Ciano va intercettato prima dei sedici metri, tanto per accennare a una questione evidente.
Nel frattempo, è arrivato anche Cristante in luogo di uno spento N’Zonzi, nello stesso minuto del cambio di Perotti.
Necessità che diventa, si spera, virtù nel finale di partita: Fazio deve rilevare Manolas, infortunato. Nel momento in cui si scrive, non si conosce l’entità dell’infortunio, inutile fare ora previsioni circa la sua presenza al derby. Sensazioni non buone, a naso.
Minuto ottanta: in tre tocchi il Frosinone presenta Pinamonti (che aveva rilevato Ciofani tredici minuti prima) davanti a Olsen. Due a due. Boato dello “Stirpe”, eccettuati i tanti romanisti che da molti minuti stavano vedendo la propria squadra troppo molle nella gestione del vantaggio.
E poi sembra difficile gestire anche il frustrante pareggio, visto che Olsen deve esibirsi in un intervento decisivo, a terra su Trotta.
Sono nel frattempo peggiorate, in maniera evidente, le prestazioni di alcuni singoli. Delle due, chi crede nel finale di poter far sua la partita è il Frosinone. Questo è già un giudizio; forse anche un bilancio, non più soltanto parziale, visto che la tendenza contro certe formazioni continua a essere la stessa, col solito, macroscopico difetto degli uomini di Di Francesco in questo tipo di partite: non fornire la giusta interpretazione dell’impegno agonistico, né sul piano caratteriale, né su quello della superiorità tecnica.
Sgoccioli di partita: ingenuità ciociara, lucidità di El Shaarawy, gol di Dzeko. Pesantissimo, soprattutto per il morale. Non cambiano i giudizi, ma meglio restare perplessi a pancia piena, fidatevi.