ROMA-SPAL. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Tintarella assicurata in Tribuna Tevere e un inizio di maggio travestito da ottobre. A sentirsi fuori posto, le caldarroste e più di un difensore della Roma, in più di un’occasione, a cominciare da Marcano.
Quarantamila presenze, tonde tonde, anche oggi, con la Champions che incombe e il portafogli che costringe a scegliere, com’è anche giusto che sia. Di certo, il pubblico della Roma, indipendentemente da quali obiettivi ritenga più realistico perseguire, non ha mai lasciato sola la squadra, nonostante il catastrofismo immotivato di inizio stagione. Serve, questa moltiplicazione di anime, soprattutto quando le cose si mettono male, a maggior ragione se non te lo aspetti. Ciò che ci si poteva invece attendere era la compattezza della Spal, cementata dal lavoro di Leonardo Semplici e alimentata da una qualità media forse superiore a quanto si pensi.
Luca Pellegrini: errore evidente, rigore ineccepibile. Non è da questi particolari che si giudica un giocatore. Al massimo si può complicare una partita, ma una squadra dai mezzi superiori la rimette in carreggiata. Magari, evitando che i suoi componenti perdano tempo a mandarsi a quel paese, in più di un frangente.
Polveri bagnate o incantesimo di Halloween somministrato dalle streghette con largo anticipo? Di certo quando Dzeko a lato un pareggio quasi già festeggiato, in apertura di ripresa, ci si comincia a domandare dove si sia annidato il pipistrello.
Poi arriva il raddoppio dei ferraresi, quindi cala il buio sotto il sole: ossimoro di parole e di gioco, visto che in casa della Roma i ritmi li sta dettando la Spal. Kevin Bonifazi, chi era costui? Di certo, salta indisturbato.
Pairetto, bizzarro ‘sto fischietto. Ma non è certo dell’arbitraggio che dobbiamo parlare.
Kluivert per Cristante, tornato a vecchie titubanze, in un profluvio di fischi: trazione eccessivamente anteriore? Probabile, ma la disperazione porta rischi da correre, è fisiologico.
Quando entra, con esordio assoluto, Coric, pensi a Pastore in panchina; pensi a tutta una serie di cose, in verità.
Milinkovic-Savi-ciao. La Spal resta in dieci per eccesso di stupidità.
Pure Pastore, in luogo di Luca Pellegrini: tutti dentro, col rischio del sovraffollamento dalle parti di Gomis. Pochissima lucidità ovunque, a questo punto.
Ancora Dzeko sottoporta, di testa, a schiacciare: ancora un’esultanza che muore su un pallone debole. Moscio, anzi.
Comincia a prendere corpo, ma non è un inedito, il tabellino del rendimento casalingo: questi non sono soltanto numeri, questo è lo specchio di cosa la squadra traduca in campo quando è – sarebbe – chiamata a fare la partita.
E grazie Olsen, se non t’hanno fatto pure il terzo.
Se il primo tempo ci era piaciuto poco, il 7secondo ci ha fatto inorridire.
Un consiglio, per non rovinare ciò che resta del fine settimana: non guardiamo la classifica, potrebbe minare la nostra autostima.