ROMA-LAZIO. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Due indizi non fanno una prova ma possono iniziare a essere un’indicazione concreta.
“Ho visto occhi diversi” dice Di Francesco – due vittorie e un pareggio nei tre derby vissuti da allenatore – appena una settimana fa alle prese con lo spettro dell’esonero.
E proprio quegli occhi, quel desiderio di vincere, hanno fatto la differenza in una partita incanalatasi al meglio dopo 20’ non esaltanti.
Occhi calcisticamente interpretati dalle chiusure di Manolas e De Rossi, piuttosto che dalle sgroppate di Florenzi.
La Roma le occasioni le ha anche con Pastore in campo, ma è con l’ingresso di Pellegrini che la squadra innesta la marcia in più.
Chi ha modo di leggere queste righe sa la stima che ripongo nel numero 7 romanista: la mia sorpresa non è quindi nella prestazione maiuscola di ieri ma nelle occasioni in cui sbaglia passaggi per lui elementari o goal praticamente a porta vuota come a Bologna.
Meriti a Pellegrini per partita e goal di tacco sotto la Nord; merito all’allenatore che l’ha scelto come cambio per la posizione di trequartista.
Kolarov e Fazio, poi: una nemesi la rete (e l’esultanza) del serbo con un goal dell’ex che mancava da sessant’anni; una bella rivincita la rete di Fazio dopo il doppio errore in occasione del pareggio di Immobile, del tutto casuale in una ripresa con la Roma in totale controllo.
Una menzione va fatta anche per Santon, autore di una prova di ottimo livello in una gara importante, dopo anni di semianonimato calcistico.
La nota negativa, infine: l’ingiustificato nervosismo di Džeko, sfociato in abulia ed egoismo (questo anche di El Shaarawy), atteggiamenti che avrebbero potuto incidere negativamente sul risultato. Una situazione che Di Francesco deve, con il giusto tatto, affrontare.
Oggi è già antivigilia di Champions: al netto dei doverosi sfottò da derby bisogna subire voltare pagina. Martedì c’è la Champions: davvero nulla è stato ancora fatto.