PENSIERI E PAROLE di Paolo MARCACCI
di Paolo MARCACCI – Persino noi romanisti, che ne abbiamo viste e vissute di tutti i colori, un periodo così facciamo fatica a ricordarlo. Paradossalmente, i risultati così inaspettatamente negativi sono solo un dettaglio di questo discorso; le cose più significative sono accadute fuori dal rettangolo di gioco: dolorose, eclatanti, qualcuna a suo modo epocale. Tutte, dicasi tutte, hanno fatto scaturire qualche polemica, qualche diatriba interna alla tifoseria, l’ennesimo settarismo radiofonico.
Eppure bastava, anzi basta guardarli in volto Maria Sensi e Giorgio Rossi, per capire che erano e nel ricordo saranno fatti per unire, non certo per dividere.
Gli uomini passano, la Roma resta, per ogni romanista del mondo. Con la postilla necessaria, anche se non ce ne dovrebbe essere nemmeno bisogno: nel pianeta, Francesco Totti è più celebre della Roma stessa, di conseguenza, avendo vestito soltanto la maglia giallorossa, è un moltiplicatore del prestigio del club.
C’è il derby, che non sarà mai un dettaglio: mai, forse nemmeno all’epoca di Cragnotti, la Lazio c’era arrivata così da favorita. È un fatto, anche se a molti potrà sembrare una scaramantica pretattica.
Oltre a Umberto Gandini, dirigente visibile in quanto individuabile in tribuna, mancherà “in spirito” anche Franco Baldini, la cui assenza fisica sarebbe stata in ogni caso scontata, vista la sua somatizzazione della città, della piazza, della Roma stessa. Imperscrutabile come apporto dirigenziale, merita il massimo dei voti come agente letterario. A lui anche la lode, a Spalletti solo dieci.
C’è il derby, dicevamo. Ci piace immaginare il cuore dei romanisti pesante per l’emozione, come il borsone che Giorgio Rossi portava a spasso lungo la linea laterale di tutta una vita, all’inizio; dolce alla fine, come il sorriso di Maria Sensi che non aveva bisogno di alcun paradiso, per essere un angelo custode dei nostri colori.