CHIEVO-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Brividi, dal profondo del cuore di una Roma trascorsa ma sempre presente nel profondo del cuore di un popolo tifoso: al ricordo di Maria Sensi si torna tutti a essere una sola tifoseria, almeno per quel minuto, lungo il corso di quell’applauso.
Inizia come deve, come ci si aspettava che andasse. Forse avremmo pensato più a Perotti che a El Shaarawy, sul foglio delle formazioni, però proprio quest’ultimo si fa trovare pronto per tutti gli appuntamenti che fanno la differenza: col suggerimento di Capitan Florenzi, con l’istante di anticipo che fa la differenza, col tabellino che sembra frustrare dopo nove minuti le strategie di D’Anna.
Un dato emotivo, oltre che un suggerimento gratuito al pubblico – che non ne ha bisogno, meno che mai dal sottoscritto – : Olsen va applaudito, ove possibile, per fidelizzarlo alla causa, scrollargli di dosso un poco delle sue titubanze, renderlo meno impacciato al momento delle scelte da compiere.
Tanto che Alisson fosse un’altra cosa lo sappiamo tutti. Lo sapevamo già.
In occasione del secondo pareggio clivense, aveva anche compiuto un miracolo sul disastro di Kolarov.
Sorrentino, come al solito, le mani (e i piedi, le ginocchia…) sulla partita.
Steven N’Zonzi sa quanto e come correre, con l’autorevolezza necessaria per impartire direttive al reparto, si vede dalla gestualità. È un diesel possente, da lunghissime percorrenze; normale che sia ancora imballato.
Il gol di Birsa arriva nel momento e nel modo peggiore: per il caldo, con tutta una ripresa da disputare in condizioni climatiche degne di Manila; per il concorso di colpa in fase di ripiegamento difensivo e occupazione degli spazi dietro la linea della palla. Tutti, poi, Olsen compreso, potevano fare mezza cosa in più.
Ünder conferma una impressione già avuta: meglio in coppa, possibilmente in trasferta, quando i suoi scatti e la sua fame di porta trovano metri ed erba sgombri da esseri umani con casacca diversa.
Karsdorp, dal momento in cui entra: attenzione alla posizione, rispetto della gestualità di Di Francesco, cura della sincronia col movimento collettivo della squadra. Voglia di far bene, sperando che bene stia lui, ora, definitivamente.
Perché la Roma alla fine non batte il Chievo in casa, dopo essere passata e ripassata in vantaggio? Per una serie di fattori, come sempre, che però cominciamo a essere decisamente troppi. Se, poi, volessimo fare dei nomi, ancora ci verrebbero in mente quelli che non possiamo più pronunciare.