KLUIVERT “Roma nel nome di papà”
Il giovane attaccante olandese Justin Kluivert ha rilasciato un’intervista al quotidiano “Il Messaggero”. Alla sua prima stagione in giallorosso, ecco le sue parole:
Kluivert, perché suo padre le aveva consigliato di restare un altro anno all’Ajax?
«Non mi ha obbligato a rimanere in Olanda, ma pensava che potesse essere meglio per la mia crescita. Mi ha sempre ribadito, però, che la scelta sarebbe stata la mia e che lui mi avrebbe sostenuto. Ho voluto la Roma, lui è contento».
Perché l’Ajax sarebbe stato meglio?
«Perché il campionato olandese è meno difficile di quello italiano».
Come è andata la trattativa con Monchi?
«In un primo momento ci sono stati contatti solo con il mio agente, poi ho parlato con il direttore e con i miei familiari. Ero a Ibiza e sono volato ad Amsterdam per firmare tutti i documenti».
Quando il primo contatto con Monchi?
«Alla fine della scorsa stagione. A maggio».
Su di lei c’era anche il Tottenham?
«Sì. Mi volevano anche altri club, ma ho scelto il posto migliore per la mia crescita e per la vita. Questo non significa che in Inghilterra non siano buone condizioni».
La voleva anche Mourinho, vero?
«Nella finale di Europa League quando lui mi ha avvicinato mi ha fatto molto piacere. Mi ha ribadito che quando ero solo un bambino, e mio padre giocava nel Barcellona, lui faceva parte dello staff, gli faceva piacere rivedere quel bambino cresciuto e che addirittura stava giocando una finale di Coppa contro di lui».
Non le ha detto che la voleva al Manchester?
«No».
Perché ha detto che l’Ajax pensa principalmente ai soldi?
«Quando siamo entrati nel vivo della trattativa qualcuno dell’Ajax è entrato nell’aspetto economico. Mi stavano mettendo in cattiva luce con i tifosi ed era una cosa che non mi piaceva. Ho scelto di andare via non per una questione economica, ma perché pensavo fosse il passo migliore per me».
Alcuni suoi giovani colleghi che erano alla Roma prima hanno fatto bene e poi sono stati venduti a società più blasonate. Pensa che un giorno capiterà anche a lei?
«È una politica interessante, quella di un club che scommette sui giovani. Ora sono io uno di questi ed è uno dei motivi per il quale ho scelto la Roma. Qui si può crescere bene e poi quando si concretizza una successiva vendita il vantaggio è da entrambe le parti».
Dove si vede tra 10 anni?
«Al Barcellona».
È il suo sogno?
«Sì, lo è sempre stato ma sono aperto a ogni possibilità».
Di Francesco la sta provando esterno destro.
«Ho sempre giocato a sinistra per rientrare con il piede forte. Credo che quello sia il mio ruolo ideale, ma non mi importa».
Come si trova con Di Francesco?
«Bene, trovo positivo che a fine allenamento mi chiami da parte per spiegarmi meglio cosa vuole. Sarò pronto per il campionato».
Cose le spiega?
«Mi ha invitato a essere sempre concentrato».
Pensa che il club stia cercando un altro esterno d’attacco perché voi giovani offrite poche garanzie?
«E’ possibile che qualcuno sia in partenza. L’unica certezza che ho è che al di là di chi arrivi io farò di tutto per essere una prima scelta».
Cosa ha cambiato in lei il dramma di Abdelhak Nouri?
«È stata un’esperienza che nessuno vorrebbe vivere. Mi ha insegnato di godere di ogni istante perché le cose possono finire da un momento all’altro e nella vita non si sa mai. Ho anche un senso di gratitudine nei confronti di un amico che quando sono arrivato in squadra mi ha accolto e aiutato. Per questo ho scelto il 34, il suo numero di maglia».
Tra Ziyech e Neres chi consiglierebbe di prendere a Monchi?
«Sono due ottimi calciatori, è difficile fare un nome. Dipende dalle scelte societarie e dalla necessità».
Sa cosa ha detto di lei Pallotta?
«No, cosa?».
Che lei è come Allen Iverson, ma con la palla tra i piedi
«E cosa intendeva dire?».
È stato un’icona del basket, uno dei più grandi realizzatori di ogni epoca in Nba
«È un accostamento che mi piace. Anche io sono piccolo fisicamente come lui, ma la stazza è qualcosa che hai o no. Entrambi siamo due giocatori di qualità, forse anche io posso far ricredere molte persone che ritengono che sia andato via dal mio Paese troppo presto. È mia intenzione di dimostrare che hanno torto, voglio avere successo e scrivere la storia proprio come ha fatto Iverson, rendendo orgogliosa la mia famiglia».
A proposito di famiglia, che percorso segue il figlio di un calciatore per diventare un professionista?
«È una bella domanda. Molto spesso si parla di genetica, non so se è vero o no, ma forse nel mio caso sì perché mio padre è stato un grande calciatore. Io sto cercando di ripercorrere le sue orme e credo di essere sulla strada giusta. Per certi versi è positivo avere un padre che ha fatto questa professione ed ha avuto grande successo, ma a volte è anche difficile perché sin da piccolo ti accostano a tuo padre e tutti si aspettano molto. Lo vedo anche con i miei fratelli che giocano a calcio, tutti fanno paragoni e si aspettano cose da loro. Io non ho sentito questa pressione, piuttosto ho trovato bello portare questo cognome e il fatto che la gente si aspettasse tanto da me. Ha sempre prevalso il desiderio positivo di far vedere quello che potevo fare, non ho mai sentito la pressione o l’obbligo di fare qualcosa perché mio padre l’aveva fatto già prima di me».
Ha sentito suo padre dopo la partita contro il Tottenham?
«Sì, mi ha dato qualche consiglio come spesso fa. Noi parliamo di tutto, non solo di calcio: mi dà consigli di vita».
Dove ha cominciato a giocare a calcio e in che ruolo?
«Ho cominciato in club che si chiama al De Dijk, ho giocato subito in attacco come punta, poi mi hanno spostato a destra e a sinistra. Era comunque chiaro sarei stato un attaccante. Poi da questa squadra sono passato all’Afc, poi all’Ajax e adesso a Roma».
Come si è sistemato a Roma?
«L’ambientamento procede bene. Ho già trovato il mio posto in squadra, vado d’accordo con tutti in particolare con i ragazzi più giovani. Ho trovato casa a Roma, non vedo l’ora di cominciare a giocare a calcio e fare questa nuova esperienza di vita».
Ha comprato casa?
«Ho visto una casa che piaceva ai miei genitori, ma era esclusivamente in vendita. Quindi abbiamo trovato un’altra situazione».
Ha avuto modo di parlare con Totti negli Stati Uniti?
«Qui negli Stati Uniti no, ma quando sono arrivato in Italia sì. Lo ringrazio per quello che ha detto su di me, la mia intenzione è di far vedere quello che valgo, non solo ai tifosi della Roma ma a tutti gli appassionati di calcio».