EDICOLA. Una lezione ai maestri della tecnica
LA REPUBBLICA (M. Crosetti) – Forse l’impossibile è solo una forma mentale. Forse è un limite che gli uomini si danno per combattere la paura. Forse, al Camp Nou la Roma non era stata così inferiore al Barcellona e il risultato, di conseguenza, “enganador”: nella sostanza, non nella forma (4-1) tuttavia non immutabile, perché nulla nel calcio lo è. Il calcio è liquido, poi però si solidifica all’improvviso. Infatti, 3-0 e arrivederci. Così la Roma realizza la partita perfetta contro l’assai imperfetto Barcellona, imposta da subito la sua cadenza, colpisce a tempo e poi con relativa calma e assoluto controllo. Per capire cosa stesse accadendo era sufficiente osservare i volti, le espressioni dei catalani: più il tempo passava, più si capiva che avevano capito. Come se qualcosa di ineluttabile e profondamente giusto, non solo esatto ma giusto, si stesse realizzando in quel luogo di apparente casualità che è il calcio, un territorio che invece sa premiare, incoraggiare, confortare e assolvere.
L’impresa ha preso forma seguendo tutti i percorsi della logica, facendo scivolare il risultato dalla parte giusta, facendo cadere la pallina dal lato perfetto della rete: match point. In una novantina di minuti è andata in cenere l’analisi aulica di noi e loro, noi poveri italiani decaduti e loro, gli spagnoli ricchi e maestri di tecnica, tattica e finanza. Fesserie, perché solo il campo racconta l’unica trama che valga la pena ascoltare e la scrivono le persone, non gli algoritmi. Un giovane allenatore, Eusebio Di Francesco, così intriso di romanità ha dunque regalato un ricordo indelebile, ficcato nella storia come il palo nell’occhio di Polifemo perché, ragazzi, qui si tratta proprio di epica. Una notte del genere vale qualche scudetto, lo ha ben spiegato Totti scrivendo sui social, a caldissimo, che il senso di essere romanisti è poter vivere emozioni così.
Ed è stato interessante seguire lo sviluppo della grande partita proprio attraverso l’occhio e la bocca della rete, per accorgersi di come per una volta il tifo trasversale e nazionale, salvo qualche sacca di becerume, abbia messo da parte le piccinerie di campanile, e come dev’essere bello adesso essere giallorossi, quanta sana invidia: in tantissimi hanno vissuto questa notte alla romana, anche i milanisti, anche gli interisti, persino qualche juventino (e vanno segnalati i complimenti ufficiali e immediati, da Madrid, del club bianconero, un gesto di classe), i laziali no ma non esageriamo. Lo sport è anche rosicare: sempre di passione si tratta, di visceri che si mettono in movimento. Si tratta di vita, in sostanza.