Francesco e Toninho, le anime belle del Sudamerica
ROMAPATICO di Franco Bovaio – Quante cose in questo 21 aprile, 2.778mo compleanno di Roma, che si è svegliata per la Pasquetta e la consueta gita fuori porta (o picnic, che dir si voglia), per celebrare se stessa e, almeno nella parte romanista, i settant’anni di Toninho Cerezo, uno dei calciatori più amati dal popolo giallorosso. Ma poi tutto è cambiato. Poco dopo la sveglia, ecco la notizia della morte del Papa, che a Roma fa più notizia che in ogni altra parte del mondo perché il Papa, a Roma, è di casa. Una notizia che ha sconvolto tutti, anche chi non è credente né cattolico, perché Papa Francesco era un po’ il nonno e lo zio di ognuno di noi, oltre che il padre putativo e istituzionale di chi è religioso davvero.
E così, questo 21 aprile che doveva celebrare Roma e Toninho è diventato improvvisamente triste e silenzioso, cupo e malinconico. Tutto il contrario di quello che doveva essere, perché Roma e Toninho tutto sono meno che cupe e malinconiche, tristi e silenziose. Roma è la città della caciara e del sole, che le dà una luce che solo qui c’è così bella e ispiratrice di pittori, cineasti e artisti di ogni tipo. Toninho è “toda joia, toda beleza” nel vero senso della parola. Un calciatore amato dai suoi tifosi e ammirato anche da quelli delle squadre avversarie, perché corretto, leale, spontaneo nelle sue manifestazioni sul campo, così empatiche con la sua gente e mai offensive verso gli altri.
Toninho è stato uno dei calciatori brasiliani più forti di ogni tempo e, di conseguenza, della storia della Roma. Un sudamericano che ha fatto vivere momenti meravigliosi a questa città proprio come ha fatto anche l’altro sudamericano, ma argentino, che qui ha trovato la sua casa e che oggi ci ha lasciato, Papa Francesco. Con quel suo sorriso bonario e quei gesti così umani che, molte volte, ci hanno ricordato proprio Toninho.
Due anime diverse ma simili di quel Sudamerica nel quale, in gioventù, hanno conosciuto la povertà e dal quale sono venuti a portarci e a regalarci tanta di quella umanità che qui, nella vecchia Europa e nell’ancor più vecchia Italia, in molti hanno dimenticato.