Dovbyk: “Lacrime e gol: la mia vita è diversa”
L’attaccante giallorosso Artem Dovbyk è stato intervistato da Il Messaggero. Tanti gli argomenti tra cui il difficile ambientamento alla Serie A e le difficoltà con tre allenatori. Questo un estratto delle sue dichiarazioni:
Ormai sono sei mesi che è in Italia, superate le difficoltà iniziali?
“Non è stato facile in questi mesi, con un nuovo campionato da affrontare, tre allenatori cambiati, tattiche nuove da imparare e qualche problema fisico. Ora sto capendo meglio il calcio italiano rispetto a prima e spero che le cose possano andare meglio”.
A tal proposito, abbiamo saputo che a dicembre ha effettuato anche i fattori di crescita per problematiche alle ginocchia. Come sta? Ha risolto?
“È il primo anno che gioco cosi tanto, su tre fronti. Il nostro staff medico ha fatto di tutto per aiutarmi e ora dopo le cure mi sento molto meglio. Ho giocato infortunato, non al cento per cento, e sono sceso in campo comunque, è stato un mio erroге, avrei dovuto riposare ma sentivo il bisogno di stare con la squadra nei momenti difficili. Ora, però, mi sento bene”.
Ha avuto più problemi con la lingua o in campo?
“La lingua del calcio è universale. Sono arrivato in Italia dopo l’esperienza in Spagna, dove si gioca un tipo di calcio completamente diverso. Adesso sto cominciando a capire la Serie A, si gioca più uomo contro uomo, con difese aggressive e compatte, è difficile destreggiarsi. Non è semplice giocare contro tre difensori avversari in area. Fa parte di un percorso di adattamento”. (…)
Il gol più bello segnato in Italia e l’occasione più clamorosa fallita?
“L’errore è quello con l’Eintracht di poche ore fa (ride). Volevo segnare sulla palla di Angeliño ma è successo tutto velocemente, non era facile. Dovevo piazzarmi in modo diverso, ero avanti col corpo anche se secondo me lui voleva tirare, non era un assist. Il gol più bello? Forse quello con il Monza op pure quello con l’Udinese”. (…)
Sappiamo che le piace poco parlare della guerra in Ucraina. Le chiediamo un’eccezione. Com’è la situazione? L’elezione di Trump a livello politico può cambiare qualcosa nel conflitto?
«La situazione ovviamente non è buona, la mia famiglia è li, per mio padre, mia madre e mia nonna quella è casa. Ho provato a portarli via con me, prima in Spagna, ora in
Italia ma non c’è nulla da fare. Sono oltre 50 anni che abitano li e vogliono restarci. Purtroppo vivo una vita diversa rispetto agli altri: ogni mattina mi sveglio e chiamo per sincerarmi che tutto sia tranquillo, che i miei stiano bene, che non sia successo niente di particolare, attacchi o cose simili. Per me… No, scusate, non ce la faccio a continuare” (si commuove).
Ok, torniamo a parlare di calcio. Facciamo un passo indietro? Nel trasferirsi a Roma sono stati decisivi i Friedkin?
“Non nego che parlare con loro, con Ryan soprattutto, abbia avuto un’importanza fondamentale”.
E De Rossi?
“Con Daniele l’intesa è stata ottima e ha impiegato poco a convincermi. Aveva fiducia in me e io credevo molto in lui. Per me è stato difficile quando se ne è andato”.
Con Ranieri, invece, che rapporto avete?
“Sembra un po’ come il nostro nonno, è molto calmo, ma quando la squadra ha bisogno di essere spronata e ha bisogno di una scossa, lui sa farlo molto bene. È un ottimo psicologo, sa cosa dire al momento giusto, sa anche quando è più utile il silenzio. È importantissimo, mi piacerebbe se restasse in panchina”. (…)