ACCADDE OGGI… 2021: Pinto cala il tris
Il 4 gennaio 2021 sbarcava a Fiumicino Tiago Pinto, nuovo general manager della A.S. Roma, con la missione di dare forma al nuovo progetto americano di Dan e Ryan Friedkin. Chi li aveva preceduti, il connazionale Jamens Pallota, durante la sua gestione aveva alternato nel ruolo diversi dirigenti: da Franco Baldini a Gianluca Petrachi, passando per Walter Sabatini, Frederic Massara e lo spagnolo Monchi.
I Friedkin decisero per un diverso profilo ed i commentatori, forse guardando più alla storia del club di provenienza invece che alla qualifica e la reale esperienza, etichettarono il giovane lusitano come l’uomo scelto per portare nella Capitale giovani talenti da far emergere, come tradizione del Benfica.
Una etichetta scolorita dai fatti ma ancora capace, a distanza di anni, di distorcere i giudizi sul suo operato e che mal si adatta ai numeri reali della sua esperienza romana.
Al suo arrivo nella Capitale, dopo aver perfezionato il ritorno di El Shaarawy e il prestito di Reynolds, il 4 di maggio spiazza tutti con l’annuncio di Josè Mourinho quale nuovo allenatore dei giallorossi. Il primo dei tre grandi colpi che hanno segnato, fino a qui, la sua avventura sulle sponde del Tevere.
La prima campagna acquisti del duo portoghese è stata la più onerosa da parte della nuova proprietà con gli ingaggi di Abraham, Kumbulla, Shomurodov, Viña, Rui Patricio e il riscatto di Ibanez a fronte della partenza a titolo definitivo di Dzeko e i prestiti di Florenzi ed Under. A iniziare dalla successiva tornata di calciomercato la strategia cambia puntando, quasi esclusivamente, su calciatori a parametro zero e diversi tipologie di trasferimenti a titolo temporaneo.
Dal gennaio 2022 ad oggi infatti, gli unici atleti di cui è stato acquisito direttamente il cartellino sono stati Celik e Paredes. Particolarmente nutrita e fortunata invece la pattuglia formata da chi è arrivato a costo zero: ad El Shaarawy, approdato l’anno prima, si aggiungono Paulo Dybala – la seconda perla di Tiago -, Belotti, Matic e Svilar nel 2022; Solbakken, Ndicka e Aouar nel 2023.
Una precisa linea operativa volta a mantenere alta la competitività della squadra, come del brand, in modo finanziariamente sostenibile. In una speciale classifica stilata da transfermarkt la Roma risulta seconda solo all’Inter per il plusvalore realizzato tramite l’acquisizione di giocatori liberi da vincoli contrattuali.
Sotto la voce prestiti il colpo risponde al nome di Romelu Lukaku, magia dell’ultima campagna trasferimenti. Di certo una buona intuizione quella di Llorente, il cui cartellino verrà riscattato a fine stagione, mentre è ancora da giudicare l’apporto di Kristensen ed Azmoun. Più o meno un disastro tutti gli altri: da Maitland-Niles a Renato Sanches, passando per Sergio Oliveira, Camara e Wijnaldum.
Elementi arrivati per dare esperienza e spessore al gruppo ma passati senza lasciare traccia.
Sicuramente un’impronta importante, il Direttore, l’ha impressa nei conti societari grazie alle cessioni concluse nell’ultimo anno e mezzo. Ben 20 i trasferimenti perfezionati con entrate per circa 140 milioni a fronte dei meno di 20 registrati in uscita nello stesso periodo.
A prescindere dal suo futuro, Tiago è in scadenza a giugno 2024, non è ancora tempo di bilanci ma di certo è arrivato il momento di riscrivere il suo profilo in maniera più veritiera; quello di un manager, e non certo di un talent scout, capace di coniugare le esigenze tecniche di una squadra con il progetto e le capacità finanziare di una società. A ben vedere è proprio sulla parte di scouting che si sono rivelate le maggiori criticità della sua gestione, non essendo riuscito a creare una struttura capace di sopperire alla mancanza di una figura con comprovata esperienza nel campo.
Gli acquisti di Reynolds, Kumbulla, Shomurodov, Viña e Çelik, per un totale di circa 70 milioni di euro, sono sicuramente l’aspetto peggiore del lavoro svolto fino ad ora. Nella parte migliore invece troviamo un paio di dati non contestabili: l’aver costruito una squadra capace di tornare a vincere e, allo stesso tempo, di far tornare in massa la gente romanista a riempire l’Olimpico. Mica poco…