Noi che andavamo al Tre Fontane…
ROMAPATICO di Franco Bovaio – Confesso che da vecchio romapatico quale sono il comunicato con il quale la Roma ha annunciato l’allenamento a porte aperte al Tre Fontane alle 15.00 di mercoledì 1 gennaio mi ha scatenato un tumulto di bei sentimenti e ricordi. Perché i tempi della mattina al Tre Fontane a vedere la Roma Primavera e il pomeriggio all’Olimpico a seguire la prima squadra li ho vissuti, anche se da bambino, insieme al mio povero papà, che mi ha fatto romanista.
Che belle che erano quelle domeniche, con la squadra dei ragazzi che era fortissima e le vinceva tutte, almeno nei miei ricordi. Agostino che tirava le bombe su punizione già da giovane, anzi da sempre. Kawasaki che correva più di tutti gli altri e Peccenini che difendeva come un eroe e mi piaceva tanto, forse perché si chiamava come me. E poi Vichi, Banella, Stefano Pellegrini, Sellitri, Sella, Sandreani, Piacenti. Tutti nomi che ho ben scolpiti nella mente ancora oggi.
Era la splendida Primavera allenata da Antonio Trebiciani e messa su dal presidente Gaetano Anzalone, che puntava moltissimo sul settore giovanile perché sognava una Roma di romani e romanisti. Una Primavera che nella stagione 1972-73, giocando le gare decisive all’Olimpico per il tanto seguito che aveva, vinse il suo primo scudetto di categoria quando io avevo solo sei anni. Ma mi ricordo tutto di quello che ho vissuto su quel campo sotto la Cristoforo Colombo al quale non arrivavamo mai perché abitavamo dall’altra parte della città e che, quando ci stavo, ai miei occhi di bambino, appariva meraviglioso.
Ci sono tornato qualche tempo fa per una manifestazione dell’UTR del grande presidente Grassetti e ho visto il murales dedicato a Liedholm e calpestato quell’erba sulla quale sono cresciuti tanti ragazzini che poi sono diventati i campioni della Roma della mia adolescenza, quella degli anni ’80 e del presidente più presidente di tutti, Dino Viola. Inutile che sto a raccontarvi l’emozione. Voi che avete vissuto quei tempi come me la conoscete bene.
Il rammarico è che l’1 gennaio non sarò a Roma, perché se ci fossi stato sarei sicuramente tornato al Tre Fontane, ormai adulto, ma sempre con i ricordi e la nostalgia di quel bambino che ci andava tenuto per mano dal suo papà e con la bandieretta giallorossa nell’altra.
Grazie Roma per questa bella idea, alla base della quale, ne sono sicuro, c’è anche Ranieri, che su quel campo, da giovane calciatore, è cresciuto pure lui. Questo vuole dire senso di appartenenza. Questo vuole dire essere della Roma.