COMO-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego Angelino – Per indicare la sconfitta di ieri c’è un solo aggettivo: devastante. Sta ora alla Roma scegliere come metabolizzarla: far finta di nulla; usarla per prendere finalmente consapevolezza che l’unico obiettivo per la Serie A 2024-2025 è fare (presto) 40 punti.
La formazione è sperimentale ma i giocatori sono quelli: senza Hummels e Paredes (ancora) alle prese con l’influenza e Mancini fuori perché stanco, tocca alle alternative e quelle sono.
I primi 18′ non erano stati nemmeno malaccio: Roma aggressiva, vicino al goal con Saelemaekers: insomma, al di là degli interpreti, sembrava una partita affrontata col giusto piglio.
Poi, s’infortuna Koné: sarà un caso ma i giallorossi si fanno progressivamente timidi e impauriti, fino a sparire, lasciandosi fagocitare in un agghiacciante secondo tempo.
Ripresa che parte con il Como che pressa a tutto campo: mesi di “bel giuoco” e sterile costruzione dal basso; poi, all’improvviso, Fabregas capisce che in A, per salvarsi, tocca sporcarsi parecchio.
Allora ecco che i lombardi corrono e aggrediscono e l’allenatore spagnolo è una furia pure sulle rimesse laterali a metà campo. Cercano, legittimamente, i punti salvezza.
Quelli che la Roma non ha capito dover agguantare con unghie e denti: l’atteggiamento romanista è di chi pensa di poter trovare il goal, primo o poi. Contrasti molli, cross di rabona: il tutto è lontanissimo da ciò che serve ora.
Tra quelli meno consapevoli del momento c’è Enzo Le Feé, centrocampista quasi venticinquenne dalla mediocre storia calcistica, pagato una cifra incredibile, che pensa – non una ma due volte – di poter uscire palla al piede dalla propria area di rigore.
Eppure, anche nei 45′ indegni della ripresa, c’era stata l’opportunità di far goal: il Dybala di quest’anno, però, sbaglia tante cose dal punto di vista tecnico; un’anomalia praticamente mai registrata in carriera.
L’impressione è che non stia bene e non riesca ad allenarsi al massimo: la Roma segna poco o nulla con chi dovrebbe essere preposto a farlo.
Anche perché Dovbyk è attualmente impresentabile. E quando riesce a liberarsi dalla marcatura, l’altrettanto impresentabile Rapuano lo ferma senza motivo. La Roma non ci permette di parlare degli arbitri ma gliene stanno combinando di tutti i colori da inizio stagione.
Entrano Cutrone e Gabrielloni: alzi la mano – conoscendo la storia calcistica non di primissimo livello di uno e il nome “esotico” dell’altro – chi non si è spaventato temendo il peggio.
Perdonerete l’autocitazione ma qualora mai io e il collega e amico Paolo Marcacci decidessimo di proporre la versione aggiornata del nostro libro “Anvedi chi c’ha segnato!” , saremmo tristemente obbligati a riservare un ampio capitolo ad Alessandro Gabrielloni da Jesi.
È una partita che si può non vincere ma non va mai persa, soprattutto al minuto 93′. Ma, per capire questo semplice concetto, bisognerebbe essere consapevoli di dove ci si trova e di quale deve essere l’obiettivo di questo campionato al momento tragico.