STORIA DI IERI di Diego AngelinoTOP

ROMA-BOLOGNA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego Angelino – La seguo ormai dal 1990 eppure mi ero illuso: pensavo che la certezza dell’esonero di Juric avrebbe portato la Roma a battere un ordinario Bologna, attendendo così, con un pizzico di serenità in più, il nuovo allenatore.

Invece è stata un’ecatombe: tecnica, tattica e di scelte. A cominciare dal provino saltato di Dybala, finendo con le improvvise assenze di Pellegrini e Zalewski.

Due foto di ieri raccontano tristemente e fedelmente la realtà: Orsolini che va via ad Angelino, senza che nessuno si preoccupi di andarlo a chiudere, quando Castro si schianta sul palo; ancora peggio, quando la Roma subisce l’1-2.

Hai appena pareggiato, manca mezz’ora, sei in un momento difficile: respira, pensa, riorganizzati. Niente: campo aperto per gli avversari, Orsolini con lo spazio e Angelino che la devia in porta.

Un terzino o quinto di centrocampo a fare sempre il difensore centrale: anche venisse Eziolino Capuano (quotato dai bookmakers) ad allenare la Roma, la base dovrà essere (ri)mettere i giocatori ognuno nel ruolo a lui più adatto.

Juric aveva già rotto gli argini: due punte in campo insieme (allora si può fare!); l’esordio di Dahl; l’ingresso di un Baldanzi a cui le tante panchine hanno tolto la verve di inizio stagione.

La Roma ne prende altri due (uno giustamente annullato): una squadra completamente evaporata rischia comunque di pareggiarla, se Dovbyk, ieri in versione Dahlin, non ciccasse un buon assist di Shomurodov.

A nulla serve la doppietta di qualità di El Shaarawy: la Roma, oggi, non esiste e deve riconquistare innanzitutto l’affetto della sua gente, uscita – almeno buona parte della Sud – anzitempo dallo stadio.

Il postpartita è ancora più grottesco: comunicato di esonero di Juric più veloce di quello che Capello mandò di dimissioni, appena saputo della retrocessione della Juventus in B; un Direttore Sportivo (?!?) che sei mesi dopo il suo arrivo nella Capitale dice ancora “Rome”, in francese.

Sorvoliamo sui nomi esotici che girano per sostituire l’allenatore, sugli algoritmi e altre amenità: la popolarità di questo sport è sempre risieduta nella sua semplicità. Strada che i Friedkin pare proprio non vogliano seguire.

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