ACCADDE OGGI… 22 giugno: 2020. 4 anni fa l’ultimo saluto a Pierino Prati
4 anni fa ci lasciava Pierino Prati, per tanti “Pierino la peste”, e con lui se ne va un pezzo di quella Roma anni 70. Con i giallorossi collezionò 82 presenze 28 gol, tra cui quello indimenticabile a Pulici nel Derby. Per celebrare il grande attaccante giallorosso, vi proponiamo uno stralcio dell’articolo uscito sulla nostra rivista di Novembre 2016, scritto dalla romantica penna del Prof. Paolo Marcacci. Ciao Pierino…
LA ROMA 353 (Novembre 2016)
SCHEGGE DI MEMORIA di Paolo MARCACCI
La storia di un grande centravanti vale sempre la pena di essere raccontata; in ragione delle sue esultanze, che sono state anche le nostre e della condivisione dei suoi momenti più critici, bui o difficili: facciamo il tifo per lui, in maniera eclatante e gioiosa quando segna; lo sosteniamo ancora di più, nell’attesa e nella sofferenza, nei periodi in cui non trova la porta, perché un grande centravanti – quando è grande davvero – è roba nostra, nel bene degli almanacchi e dei numeri che noi ricorderemo meglio di lui; nel poco male delle sue pause, dei suoi appannamenti temporanei o del suo declino, rinviato il più possibile a colpi di classe e d’esperienza. Quello del numero nove è uno di quei ruoli con il quale il tifoso vive in simbiosi, perché è il terminale dei destini che si rinnovano a ogni fischio d’inizio; vive agli antipodi del proprio portiere, ma quanto lui è responsabile: come l’estremo difensore non ha nessun altro dietro di sé, il numero nove non ha più nessuno oltre; mettono faccia, mani, piedi e testa sugli eventi che determinano, i loro meriti distribuiscono la gioia, i loro errori non prevedono alcun concorso di colpa.
Quello di cui vogliamo raccontarvi in questo numero è un grande centravanti, ricordo nitido nella memoria di chi l’ha visto giocare. Arriva a Roma per rendersi presto indimenticabile nella memoria dei tifosi romanisti, ma nel momento in cui veste la maglia giallorossa è già indelebile nella storia del calcio italiano, per quanto ha fatto, vinto e segnato con la maglia.
Pierino Prati da Cinisello Balsamo, il milanese col sorriso
La storia vale la pena di essere raccontata dall’inizio, perché incrocia epici destini nella storia del calcio e un’epoca irripetibile fuori del rettangolo di gioco; all’interno di essa convivono, come variegati paragrafi dello stesso libro, le lacrime del giovane Johan Cruijff, sonoramente sconfitto nella sua prima finale di Coppa dei Campioni al “Santiago Bernabéu”, il sound e la voce di quattro ragazzi di Liverpool, la Rivoluzione Culturale di Mao Tse Tung.
«Vi avevo chiesto Pierino Prati il calciatore, mi avete portato Pierino Prati il cantante… Rimandatelo a casa…»: amava essere paradossale, e provocatorio, Nereo Rocco, il leggendario Paròn artefice in panchina dei trionfi milanisti della seconda metà degli anni sessanta. Così si espresse con i suoi emissari quando gli portarono a Milanello quel ragazzo con i pantaloni a zampa d’elefante, i capelli lunghi e lisci, più di un vistoso anello alle dita. Del resto, era l’estate del 1967, quella in cui i Beatles cantavano Strawberry Fields Forever e la controcultura hippy era già diventata di casa persino in un ambiente conservatore e, almeno nelle intenzioni, castigato come quello del calcio italiano. Il giovane Prati, già di proprietà del Milan, era reduce da un campionato trascorso in Serie B, a Savona: 29 presenze, 15 gol. Numeri che, a soli ventuno anni, autorizzavano la sua salita sul treno del Destino.
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