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Un libro per Ago

di Franco Bovaio – Tra poco, il 30 maggio, saranno trent’anni esatti dalla scomparsa di Agostino Di Bartolomei, il nostro grande, indimenticabile, capitano, che ci ha lasciato nel 1994, a dieci anni esatti dalla più grande delusione calcistica di chi ama la Roma, dalla più grande tragedia di chi ha amato lui. Dieci anni da quella maledetta finale della Coppa dei Campioni, persa il 30 maggio del 1984 proprio allo stadio Olimpico, contro il Liverpool. Nello stesso giorno del 1994, Ago decide di dire basta all’abbandono psicologico, esistenziale, al cinismo commerciale, all’indifferenza del suo mondo.

Ago non era un uomo triste ma coerente, serio, leale, con un sogno nel cassetto: insegnare in una scuola calcio valori ormai dimenticati. Insegnare ai bambini. Chi lo ha conosciuto bene, o benissimo come chi ha passato la vita nella stessa casa con lui, lo descrive tutt’altro che ombroso ma divertente, affettuoso, diverso da come veniva dipinto e da come è diventato quasi normale immaginarselo dopo il gesto che ha posto fine alla sua vita. C’è un figlio, Luca, che rimpiange tutti gli anni che non ha potuto passare con lui, una moglie che ricorda particolari semplici ma bellissimi, come il fatto che nel portafoglio tenesse una foto di Padre Pio e della Curva Sud, la sua curva.

Nel bel libro che gli ha dedicato il collega Mauro De Cesare non si cade nel facile tranello di chiedersi i perché di un gesto di quella portata. Non c’è mai un perché, c’è solo la disperazione di un momento che può comprendere solo chi lo mette in pratica. Agli altri non resta che il dolore, il rimpianto, il ricordo e l’amore che aveva per tutti. Sempre pronto ad aiutare, perché in quel portafoglio c’erano anche decine di numeri di telefono di amici, ai quali telefonare per che gli chiedesse una mano.

Il Capitano, che nei racconti del compagno di squadra nella Primavera giallorossa, Francesco Quintini, ricorda quando nel viale di Tor Marancia, dove hanno vissuto insieme vicini di casa, palleggiavano dribblando le auto. Si chiavano dalla finestra per andare agli allenamenti. O un gioco fatto sul campo delle Tre Fontane. Sotto il diluvio, a centrocampo, lui, Quintini, Pellegrini e Conti. Zuppi per la pioggia, invece di correre nello spogliatoio, facevano la gara a chi tirava il pallone più in alto. Gioia, leggerezza, divertimento.
In questo viaggio nella memoria che Mauro De Cesare ci fa percorrere nelle pagine del suo libro dedicato ad Ago si torna alla sua adolescenza, agli amici di Tor Marancia, alle sfide con i coetanei della Garbatella, al suo primo campo di gioco: OMI. E il suo accompagnare per mano Silvio Berlusconi davanti a Papa Wojtyla durante un’udienza privata in Vaticano.

Ancora oggi, girando per le strade di Tor Marancia, trovi amici e negozianti. Il panettiere dove comprava il pane. La targa, in via Giangiacomo, dove viveva e dove padri e nonni raccontano ai giovani chi fosse. L’amico del cuore che rivive le sfide su campetti polverosi. Uno dei tanti alla Garbatella, era la “Chiesoletta”, l’oratorio San Filippo Neri, dove Padre Guido lo sgridava perché tirava troppo forte. Lo Junior Club vinto nel 1972, la “Coppa Ago” nata nel 2019, e un’opera teatrale che fa il giro d’Italia per raccontare l’uomo. E sono già oltre 50 le repliche.
Certo, ci sono brani che parlano del Campione della Roma dello scudetto del 1983. Ma in parte. Perché prima del Campione, è raccontato l’uomo!
“Oohh, Agostino…”.

di bartolomei di cesare

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