RASSEGNA STAMPATOP

Trent’anni senza Di Bartolomei, regista libero e schivo

(LA REPUBBLICA) Fateci caso. Era come se il suo viso assumesse sempre una posizione antalgica: Agostino Di Bartolomei doveva difendersi. Chissà da cosa. Forse da niente (che in certi casi vuol dire da tutto). Agostino si è tolto la vita il 30 maggio di trent’anni fa, a dieci anni esatti da quella finale di Coppa dei Campioni che “non si è mai giocata”.

Ancora oggi a Roma celebriamo la breve avventura umana e sportiva di questo ragazzo che non è mai diventato giovane: anche a venticinque anni pareva aver già vissuto esperienze devastanti. Assai di rado Agostino si abbandonava. Era così. Accigliato perché vivo, cupo perché importante. Ancora oggi, dicevamo, la città e il mondo giallorosso gli dedicano eventi, accanto al suo nome si organizzano partite, tornei, dietro i quali c’è sempre un pensiero spontaneo, una vibrazione appassionata, un senso di appartenenza fortissimo. (…)

Continuiamo a chiederci se avremmo potuto fare qualcosa per salvarlo. Forse no. Agostino era il ragazzo con cui Liedholm andava per musei. Era il Busquets della sua epoca. Era il De Rossi di Tormarancia che avrebbe lasciato il calcio dopo aver riportato la Salernitana in serie B. Era il personaggio del primo dei “Nove racconti” di Salinger, perso nel suo giorno finale, un giorno ideale per i pesci banana.

Ma soprattutto era lo scrivano Bartleby, che più passa il tempo e più si barrica nel suo ufficio e a chi gli chiede qualcosa risponde: “Preferirei di no”. Ecco, quel giorno di trent’anni fa, senza avvertire nessuno, Agostino si è guardato intorno e ha detto: “Preferirei di no”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *